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«Non viviamo in un’epoca di cambiamento, viviamo un cambiamento d’epoca»: questa affermazione, più volte ribadita da papa Francesco, nell’ambiente missionario viene ripresa «per rafforzarne un’altra di uso frequente: il “cambiamento di paradigma” della missione di oggi. L’uso di queste due espressioni consacra, da una parte, l’idea di processo radicale di trasformazione e, dall’altra, quella di cambiamento di modello di missione, quasi ci fosse un solo, unico modello» (p. 9). L’A., missionario comboniano portoghese, «si propone di riflettere sui modelli di missione che si sono imposti nella Chiesa del postconcilio e di illuminare questa riflessione con il contributo degli ultimi pontificati, in particolare di quello francescano» (p. 11).
Il saggio si articola in 13 capitoli, di cui i primi tre chiarificano i termini utilizzati nel titolo: in quale senso si parla di «modelli» e cosa si intende per «riconfigurazione». La riflessione non «ha pretese teologiche o ecclesiologiche quanto al contenuto, né accademiche quanto alla forma. Cercherà di costruirsi come saggio esplorativo, dalla finalità divulgativa» (p. 15). In questa prospettiva, i modelli di missione vanno intesi «come concetti di riferimento spirituale, fonte di ispirazione e di motivazione che orientano l’impegno» (p. 16). L’intento è dialogico e propositivo, «offrendo soprattutto le ragioni per capire i diversi modelli e, eventualmente, preferire l’uno o l’altro» (p. 18), con una particolare attenzione all’insegnamento di papa Francesco: «La conversione (termine da lui usato) può essere vista come punto di partenza che porta alla riconfigurazione (termine del nostro sottotitolo) della vita della Chiesa in tutte le sue dimensioni» (p. 20).
Un capitolo è dedicato all’insegnamento di Francesco su temi che attraversano in modo trasversale i diversi modelli. La gioia del Vangelo, la Chiesa in uscita, i quattro princìpi enunciati nell’Evangelii gaudium (cfr nn. 222-237), che «possono essere applicati con profitto a ogni modello della missione e possono fungere da bussola» (p. 27); la santità come il volto più bello della Chiesa, che si può riprendere «anche in relazione ai missionari e ai modelli di missione.
L’A. esamina sei modelli possibili di missione, per ciascuno dei quali viene data una breve presentazione, richiamato il fondamento biblico, delineato un sommario percorso storico, illuminato l’apporto di papa Francesco, valutati i punti forti e i punti deboli.
Si susseguono i modelli di missione come annuncio, come incontro, come servizio, come fraternità, come liberazione, e infine, come ecologia integrale, che «appare come un modello in progress» (p. 156). Gli Istituti missionari sono nati nell’Ottocento e rispondevano alle esigenze di un contesto sociale ed ecclesiale molto diverso da quello attuale. La crisi del paradigma missionario ne interroga l’identità e stimola l’approfondimento del carisma fondazionale: «Il papa sembra suggerire un cambiamento di prospettiva: non siamo noi a possedere definitivamente un carisma, è il carisma che, in modo dinamico e come grazia divina, possiede noi nelle stagioni della nostra vita, nelle varie epoche e generazioni di un istituto o comunità» (p. 185). Da qui anche la riflessione sul rapporto tra il carisma e l’istituzione, che fa fatica a tenere il passo: «Troviamo più ispirazione, carisma e profetismo riguardo alla missione nelle parole e nei gesti di papa Francesco che non nelle strutture deputate all’accompagnamento e al sostegno della missione» (p. 201).
Secondo l’A., la riforma della Curia con la costituzione Praedicate Evangelium, se da una parte sembra proporre la riconfigurazione missionaria della Chiesa, istituendo al primo posto fra i dicasteri quello per l’evangelizzazione, presieduto direttamente dal Pontefice, dall’altra «non mancherà di suscitare qualche viva inquietudine tra i missionari» (p. 203). Questi già con la riforma della Curia di Giovanni Paolo II erano passati dalla giurisdizione canonica della Congregazione «De Propaganda Fide», sotto il cui patrocinio erano nati e ricevevano sostegno, a quella per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, che di fatto ha sfaldato l’attenzione alla missione e ai missionari e spostato l’accento della loro identità: «I missionari sono passati così a essere visti come religiosi (anche) missionari, anziché missionari (anche religiosi)» (p. 199).
«Quella degli istituti missionari nati nell’Ottocento è una storia bella, che risveglia la speranza e ci fa sperare in cose nuove» (p. 210), in una Chiesa che non ha una missione, ma è missione. Come scrive il card. José Tolentino de Mendonça nella Prefazione: «La complessità della presente stagione non dovrebbe […] essere letta come un ostacolo, ma come una opportunità» (p. 6).