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Animate da un profondo amore per la Germania e per le «cose tedesche», connotate da una prosa limpida e volte alla ricerca del cuore di Berlino, queste pagine propongono al lettore di procedere a un’appassionata e meticolosa ricognizione della topografia della città: dei luoghi, cioè, che caratterizzano maggiormente la metropoli, una capitale dalla storia unica, considerato che nel corso del Novecento è stata prima distrutta, poi divisa, quindi riunita.
Sebbene intenzionato a seguire le orme dei grandi flâneurs, quali Franz Hessel, Siegfried Krakauer, Walter Benjamin e Hanns Zischler, lo studioso di estetica Flavio Cuniberto trasforma ben presto il proprio vagabondaggio in un itinerario di conoscenza: avvalendosi di un cospicuo numero di citazioni, individua dapprima i simboli più ovvi della nuova Berlino, ne coglie poi la dimensione fiabesca e non manca di riflettere su quella mostruosa, sempre incombente sulle vicende tedesche, che si rivela una negazione violenta della forma.
Il suo sguardo si rivolge in seguito alla città ebraica, che costituisce il primo baricentro, mentre il secondo è formato dalle opere dell’architetto e urbanista Karl Friedrich Schinkel, le quali hanno il proprio fulcro nell’Isola dei Musei. A questo proposito, va osservato come sia proprio la forma-museo a simboleggiare la vocazione profonda di Berlino, che si rivela sempre più un crogiuolo di tradizioni e, in particolare, di quelle più arcaiche, esotiche, cariche di energie primordiali. Fa notare acutamente Cunimberto: «L’apertura al mondo africano non avviene, insomma, nella prospettiva del collezionismo o del semplice apprezzamento estetico (come può accadere in un museo etnologico), ma quasi incoraggiando una vera e propria assimilazione delle culture africane, una immissione di elementi africani nella cultura del Vecchio Mondo» (p. 117).
Accade così che l’indagine dell’A., all’apparenza una sorta di «introduzione alla capitale tedesca», densa di richiami a luoghi noti, debba in realtà essere considerata la ricerca di un centro simbolico in qualche modo assoluto: quell’umbilicus urbis che la città non ha mai avuto, e del quale sembra avvertire la necessità proprio nella fase della sua rifondazione, i cui numi tutelari, in certo qual modo «esoterici», sembrano essere sia il berlinese Schinkel, esponente di un germanesimo che si apre alla totalità delle culture, sia l’ebreoamburghese Aby Warburg, sostenitore delle grandi iniziative museografiche berlinesi. Secondo Cuniberto, l’Isola dei Musei ha trovato il proprio definitivo ampliamento e coronamento nello Schloss («Castello»), che, progettato dal vicentino Franco Stella e inaugurato con il nome di Humboldt-Forum nel dicembre del 2020, ospita le magnifiche raccolte di arte orientale e la non meno bella documentazione relativa alle culture extraeuropee.
Ma va anche rilevato come Misteri berlinesi non si limiti a fornire un’analisi relativa alla metropoli bagnata dalla Sprea e dall’Havel: attorno a questa indagine, che prende in esame l’estetica, l’architettura, la filosofia, la letteratura, l’ermeneutica, si dispongono varie riflessioni che riguardano il carattere di una nazione. Si tratta di pensieri che hanno per oggetto quel quid che costituisce l’innegabile diversità tedesca e che queste «passeggiate» si propongono di osservare, comprendere, cogliere.