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Dopo alcuni mesi di tranquilla preparazione, la nuova editrice gesuitica Il Pellegrino ha pubblicato, sul finire del 2023, i suoi primi volumi all’insegna del dialogo tra la realtà culturale contemporanea e la sensibilità religiosa, che comunque permea tutta la società odierna. Infatti, nei primi titoli troviamo argomenti che ruotano attorno a Cormac McCarthy, Kafka, il dialogo tra cristianesimo e induismo, mentre, andando più avanti, troviamo perfino una Bibbia breve, a cura di p. Alonso Schökel (1920-1998), e anche scritti, più o meno recenti, di alcuni padri gesuiti. Tra questi, Liberi? Storie di celibato volontario, del gesuita p. Mario Danieli. E proprio quando manifestavamo il desiderio di recensire questo libro, è sopraggiunta la notizia della morte dell’A., il 5 ottobre 2024.
Questo libro – nella prima edizione, Liberi per chi? (Bologna, EDB, 1994) – è utile soprattutto per i giovani che hanno scelto di vivere una vita celibataria con la maggiore verità e serenità possibile, per superare difficoltà e perfino crisi. Per aiutare meglio quanti già si rivolgevano a lui nella direzione spirituale, l’A. ha scelto di rivisitare a modo suo una serie di fatti e di storie reali, utilizzando spesso le parole e i dialoghi dei protagonisti stessi, proposti non con i loro veri nomi.
P. Danieli ci sorprende, perché, pur procedendo in maniera ordinata, fa seguire a una parte introduttiva (che entra già nella problematica) una prima parte di «Testimonianze», volta a sottolineare alcuni temi, e poi una seconda parte, intitolata «Un decalogo senza pretese per un celibato più sereno», che tende ad andare più a fondo negli argomenti trattati. Essi sono, solo per citare i più importanti: affettività, senso del peccato, maternità e paternità, masturbazione, omosessualità, narcisismo, visione della donna. I temi emergono pian piano, sempre in un clima colloquiale.
La seconda parte tende anche a offrire una serie di semplici soluzioni: parlare dei problemi, vivere rapporti sani, mettere Dio al primo posto, pensare la sessualità in termini positivi, nutrire sentimenti veri, vivere relazioni significative, valorizzare al meglio i propri talenti, accettare di non essere perfetti, avere una comunità di riferimento, essere uomini e donne per gli altri ecc.
Nelle conclusioni, nelle quali l’A. vuole esortarci a una vita religiosa non superficiale, ci sembra di sentirlo parlare con la sua inconfondibile bonomia e simpatia, come se sorridesse anche nell’esporre argomenti scabrosi e che, ovviamente, tenderebbero a provocare un inevitabile imbarazzo.