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Il quarto e ultimo incontro del Consiglio dei cardinali con papa Francesco sul ruolo delle donne nella Chiesa, svoltosi il 17 giugno 2024, ha posto l’attenzione sul tema del «potere». Ad approfondirlo, secondo diverse prospettive, sono state tre donne: una teologa, una economista e una canonista. Questo libro si apre con la prefazione di papa Francesco, a cui fa seguito l’Introduzione di Linda Pocher, curatrice del testo e autrice del primo contributo.
La teologa esamina la questione a partire dalla critica di Gesù all’abuso di potere, mettendo in luce le possibili ambiguità del suo esercizio. Certamente il Nuovo Testamento non affronta il tema della politica e del potere in modo sistematico, ma pone chiaramente al centro la dignità della persona umana, «che deve essere sempre salvaguardata contro l’irruenza di ogni abuso politico» (p. 19). Dal momento che Gesù stigmatizza il desiderio smodato del potere, la Chiesa deve stare attenta a non riprodurre le strutture oppressive della società. A questo punto, l’A. delinea una breve fenomenologia del potere nella Chiesa, considerando i lati oscuri del suo esercizio quando se ne abusa e le sue opportunità intrinseche. In conclusione, a suo giudizio, il processo di conversione della Chiesa sinodale dovrebbe cercare strade «per una maggiore condivisione del potere e la revisione dei meccanismi di controllo» (p. 34), che sappiano valorizzare donne e uomini. La Sacra Scrittura può essere una fonte di ispirazione per realizzare questa revisione a favore di un potere della cura.
Il tema della cura è valorizzato in modo speciale dall’intervento dell’economista Valentina Rotondi, che considera l’economia come «la disciplina della cura per eccellenza» (p. 42). Interessante la sua analisi della relazione esistente tra economia e cura, concetto da lei ricondotto alla «perfetta letizia» di san Francesco e allo spirito di gratuità, che rappresenta «una parte significativa delle azioni quotidiane di uomini e donne» (p. 45). Infatti, le attività di cura gratuitamente rese quotidianamente – come, ad esempio, quelle dei nonni verso i nipoti – hanno un impatto notevole sulla società. Pertanto, è importante comprendere questo atteggiamento come un valore condiviso da uomini e donne, e non esclusivamente femminile. La riflessione dell’A. prosegue con l’attento esame del concetto di economia e del posto delle donne nell’economia di oggi, ove non mancano discriminazioni evidenti in varie parti del mondo. Applicato all’ambito ecclesiale, questo discorso conduce all’esortazione a valorizzare adeguatamente il lavoro delle donne all’interno delle istituzioni ecclesiastiche, superando le disuguaglianze ancora presenti. Così la Chiesa riuscirebbe a promuovere la consapevolezza che «lavoro e cura sono essenziali e complementari nella vita di ogni individuo, indipendentemente dal genere, dalla comunità di appartenenza e dalla vocazione» (p. 60). Di fatto, deve esserci una responsabilità condivisa da uomini e donne sia nel campo del lavoro sia in quello della cura.
L’ultimo intervento è della canonista Donata Horak. Si apre con una domanda «impertinente», come lei stessa la definisce: «Il diritto canonico sostiene e promuove la vita delle donne nella Chiesa, oppure ne costituisce il principale impedimento?» (p. 63). Secondo l’A., la revisione dei codici di diritto canonico, a seguito di uno studio preliminare voluto dal Sinodo, richiede un radicale cambio di paradigma, «che rinsaldi il diritto canonico del terzo millennio con la migliore tradizione giuridica ecclesiastica» (p. 64). Il diritto andrebbe ricollocato al cuore della vita della Chiesa, prendendo in esame le esigenze concrete degli uomini e delle donne di oggi.
Nel suo intervento, Horak riflette su una serie di coppie di princìpi opposti, che richiedono di essere ripensati adeguatamente per un lavoro di revisione dei codici: potere e servizio; consultivo e deliberativo; centro e periferia; giustizia e misericordia. Dopo aver svolto le sue analisi, l’A. conclude che non si potrà promuovere una vera giustizia nella Chiesa senza valorizzare le differenze di genere. Per riuscire in questo intento, «il diritto canonico dovrà integrare la giurisprudenza tra le sue fonti, recuperare il rapporto dialettico con la teologia e perseguire una giustizia concreta (equità canonica)» (p. 82).