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Per poter cogliere la specificità di questo libro è necessario innanzitutto tener presente chi è l’A. Nato da genitori appartenenti alla Chiesa di Norvegia ma che vivevano di fatto da agnostici, solo all’età di 15 anni egli ha avuto ciò che ha definito «il suo primo incontro con Dio»: «Era sera ed ero a casa da solo e avevo deciso di ascoltare la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler. In essa si ascoltano versi come: “Non sei nato invano”; “Non hai vissuto, sofferto, invano”; “Risorgerai e vivrai”. Quelle parole pronunciate dal coro sono state come un fulmine. […] Era come se il mio cuore, all’improvviso, si aprisse a una certezza, quasi istintiva, che Dio esiste davvero […]. Quando la musica è finita, sono rimasto paralizzato e ho pensato: “Sarà interessante pensarci domani quando questa mia sensazione sarà passata. L’indomani, però, quella certezza rimaneva e, insieme, la ferita sempre aperta”». Così è cominciata la ricerca di Varden, che l’ha portato ad abbracciare la fede cattolica, a rispondere alla vocazione religiosa entrando tra i trappisti, per poi essere eletto abate del suo monastero e successivamente vescovo da papa Francesco nel 2019; dal 2024 è il presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia.
Proprio alla luce del suo cammino di conversione – nel quale ha potuto sperimentare la qualità di una vita vissuta senza e con la fede –, l’A. recupera e presenta il senso più profondo della sessualità, e in concreto della castità. Lo fa tenendo presente la saggezza dei Padri del deserto e dei Padri della Chiesa, ma anche facendo riferimento alla letteratura classica e moderna, alla musica, alla pittura, al cinema, per aiutare il lettore a riflettere, al fine di darsi delle vere e proprie risposte di senso, verificando la validità dei princìpi della morale cristiana applicati nella vita di relazione e nell’affettività delle persone.
L’intento di Varden è di presentare non solo la necessità, ma soprattutto la bontà e la bellezza della castità per vivere in modo pieno la propria esistenza. Il testo presenta quattro capitoli, nei quali la castità è contestualizzata nella natura umana, nelle varie relazioni della persona, come il fidanzamento e il matrimonio, nel governo delle passioni, fino a mostrarne la preziosità nel voto dei consacrati nella vita religiosa.
In tutti questi ambiti si contesta la tendenza odierna di voler idealizzare la natura umana con le sue passioni, evidenziando invece la necessità di trascenderla, perché siamo persone e non meri animali. L’A. afferma: «Anche se i contemporanei sono riluttanti a parlare di Dio, ammettono prontamente di sentirsi intrappolati nei limiti creaturali. Pur non dando credito esplicito alle dottrine dell’aldilà, sono consumati dal desiderio di qualcosa di più. Sebbene decisi ad assumere la loro umanità incarnata, sanno vagamente che il nostro corpo punta oltre sé stesso, poiché ogni soddisfazione apparente non è nient’altro che dolorosamente provvisoria» (p. 52).
In queste riflessioni emerge un dato da sempre trascurato, cioè che se c’è qualcuno che vuole la nostra vera e piena felicità, questi è Dio, come diceva Mosè al popolo d’Israele: «Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,19). In questa dinamica, l’A. stesso conclude: «Questo imperativo resiste. Il cristiano desidera ed è chiamato niente meno che ad essere pienamente vivo. Tuttavia, a volte abbiamo bisogno di aiuto per sapere che cos’è la vita e dove si trova. […] Dobbiamo accettare di essere persone, orientate agli altri e bisognose degli altri, non individui autosufficienti. Dobbiamo accettare il nostro bisogno di essere salvati. Come gli strumenti musicali, dobbiamo essere armonizzati, giustamente accordati con un tono non di questo mondo. La riconciliazione dei sensi è parte di questa impresa. La castità la equilibra. Essa non indica una mortificazione insensata» (p. 197).