Due recenti pubblicazioni illustrano la gamma delle ricerche condotte alla Specola Vaticana, dallo studio del lavoro di Galileo allo sviluppo di metodi matematici per capire il Big Bang.
Padre Gabriele Gionti S.I. e don Matteo Galaverni della Specola Vaticana hanno recentemente pubblicato l’articolo «On the canonical equivalence between Jordan and Einstein frames» sullo European Physical Journal C.
La «relatività generale» di Albert Einstein è considerata la teoria della gravità che meglio si adatta ai dati sperimentali e osservativi, e che meglio descrive la struttura su larga scala dell’universo attuale. Permangono tuttavia degli interrogativi sulle leggi della fisica nei primissimi istanti dell’Universo e sulla fisica della gravità applicata a scale molto ridotte. Alcuni ricercatori hanno proposto teorie di gravità quantistica che combinano la relatività generale con la meccanica quantistica (la fisica che si applica su scala più piccola), ma la comunità dei fisici è divisa rispetto a tali teorie.
Nel loro articolo, padre Gionti e don Galaverni mostrano di poter trasformare o «mappare» le soluzioni di una teoria alternativa della gravità nella relatività generale attraverso uno stratagemma matematico. Esso consiste nell’osservare il problema attraverso due diversi «quadri» matematici, noti come «quadro di Jordan» e «quadro di Einstein». La domanda è: le soluzioni a partire da questi due quadri sono ugualmente applicabili al mondo reale osservato dagli astronomi?
I calcoli eseguiti separatamente nei due quadri, calcoli che coinvolgono cose osservabili e che danno lo stesso risultato in entrambi i quadri, aiuteranno a rispondere alla domanda. Gionti e Galaverni mostrano pure che esiste una mappa simile per le teorie alternative della gravità e un comportamento peculiare della gravità chiamato «anti-newtoniano» o «anti-gravità».
L’articolo si basa sul lavoro che i due sacerdoti hanno pubblicato nel 2022 sulla rivista Physical Review D. E oggi la loro attività di ricerca continua. Stanno esaminando nel dettaglio le conseguenze di queste trasformazioni per le soluzioni a simmetria sferica. Queste potrebbero rivelarsi utili per studiare vari tipi di oggetti nell’universo, compresi i buchi neri e la loro entropia.
Oggi la gravità spiega la struttura dell’universo e anche le maree dei mari sulla Terra. Galileo non pensava in questi termini, che erano al di là della fisica del suo tempo. Egli teorizzò che le maree fossero causate dal doppio moto della Terra proposto da Copernico (rivoluzione annuale intorno al Sole e rotazione giornaliera); questo moto genererebbe un «tirammolla» giornaliero che causerebbe l’innalzamento e l’abbassamento dei mari nei propri bacini: le maree.
Una «spinta» giornaliera, tuttavia, implica che le alte maree si verifichino solo una volta al giorno in alcuni mari (vale lo stesso per le basse maree). In un saggio del 1616, Galileo sostenne che ciò si verifica a Lisbona, in Portogallo. Non è così.
Galileo venne presto informato del suo errore. Ma nel Dialogo del 1632 sostenne nuovamente la sua teoria delle maree come prova a favore di Copernico, omettendo questa volta di menzionare Lisbona. Non citò nessun altro luogo in cui si verificassero singole maree giornaliere. Ciò lo rese vulnerabile alle critiche, sia ai suoi tempi sia da parte degli studiosi di oggi, per aver portato avanti la sua teoria delle maree nonostante le evidenti carenze. Inoltre, omettere Lisbona significava omettere informazioni note che contraddicevano la sua teoria – condotta assai impropria per uno scienziato.
Tuttavia, Christopher M. Graney della Specola Vaticana ha letto la corrispondenza tra Galileo e Giovanfrancesco Buonamici del 1629-30 e ha scoperto che Buonamici diede informazioni corrette a Galileo sul luogo in cui si verificano effettivamente le maree singole, in quella che oggi è conosciuta come Indonesia. Pertanto, in «Galileo and Buonamici on the tides of the sea: was something omitted from the Dialogue?», pubblicato a marzo sul Journal for Astronomical History and Heritage, Graney afferma che Galileo aveva l’esempio di cui necessitava a sostegno della sua teoria, ma in Indonesia, non a Lisbona. La sua omissione nel Dialogo, sostiene Graney, fu probabilmente una svista – e che svista!
Entrambi gli articoli sono accessibili gratuitamente:
- Gionti, G., Galaverni, M., «On the canonical equivalence between Jordan and Einstein frames», European Physical Journal C 84, 265 (2024).
- Graney, C., «Galileo and Buonamici on the tides of the sea: was something omitted from the Dialogue?», Journal of Astronomical History and Heritage 27, 200 (2024).