L’umorismo è una dimensione fondamentale dell’esistenza umana. Essa appare messa particolarmente a rischio in questa epoca, in cui i conflitti e le tensioni quotidiane, anche su questioni apparentemente futili, corrono il pericolo di radicalizzarsi ed esasperarsi in una bolla di commenti tra chat e social media. E se c’è un campo nel quale pare a volte impossibile scherzare, è proprio quello della religione. Gli effetti possono essere nefasti. Per non menzionare cronache molto dolorose, viene alla mente Il nome della rosa di Umberto Eco, in cui la scintilla che, idealmente e materialmente, alimenta e poi fa esplodere il disastro è proprio l’umorismo. Il frate investigatore Guglielmo da Baskerville e l’anziano monaco bibliotecario dell’abbazia, il venerabile Jorge da Burgos, si contendono l’ambito (e ipotetico) secondo libro della Poetica di Aristotele, dedicato alla commedia e al riso, e nella concitazione si scatena l’incendio che distrugge l’abbazia, teatro di una serie di misteriosi omicidi. Per restare nell’atmosfera del giallo di Eco, si potrebbe affermare con Aloysius Roche che anche «la storia di tante eresie è in buona misura la storia della perdita del senso dell’umorismo».
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È anche vero che c’è umorismo e umorismo. Parlando di letteratura, ad esempio, cosa differenzia da questo punto di vista Shaw da Chesterton, o Voltaire da Tommaso Moro, o da Cervantes? Quando c’è vero umorismo? E cosa è l’umorismo? P. Ferdinando Castelli, noto scrittore de La Civiltà Cattolica, in un saggio sul «Divino senso dell’humour» pubblicato nella raccolta All’uscita dal tunnel del 2009, spiegava che «l’umorismo implica la capacità di cogliere i lati buffi e contraddittori della vita, ridendone con benevola comprensione»; è una sorta di intelligenza sorridente e paterna «che relativizza e ridimensiona quanto si vorrebbe prendere per assoluto ed eccelso».
E dunque, a propositi di padri, possiamo affermare, con buona pace di Jorge da Burgos, che anche Dio ha il senso dell’umorismo? Insomma, Dio ride, come suggeriva anche Karl Rahner? Dio, che «ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti» (1 Cor 1, 28), pur essendo eterno e onnipotente si incarna e condivide tutte le miserie dell’umanità. Se l’umorismo si fonda sulla legge del contrasto, allora – scriveva p. Castelli – è evidente che Dio ne «è davvero un maestro insuperabile». Dunque si può affermare che l’umorismo è strettamente legato a un’autentica fede religiosa, senza la quale l’umorismo o non esiste o è un suo sottoprodotto. La fede ci aiuta ad affrontare le disillusioni della vita, relativizzando ciò che non è davvero assoluto e definitivo; ci offre un modo diverso di vivere e percepire quel che accade e ci accade. L’umorismo cristiano, secondo p. Castelli, «converte il pessimismo in audacia, il disprezzo in pietà, l’insofferenza del limite in feconda accettazione».
Il tema spicca anche in alcuni paragrafi della Esortazione apostolica di papa Francesco sulla santità, la Gaudete et exsultate. Il Pontefice ricorda che nella vita di tanti santi la gioia si accompagna spesso al senso dell’umorismo, e cita a mo’ di esempio san Tommaso Moro, san Vincenzo de Paoli e san Filippo Neri. E chiosa: «Il malumore non è un segno di santità» (GE 123). Francesco ci tiene però a precisare che non sta parlando della «gioia consumista e individualista così presente in alcune esperienze culturali di oggi» e che offre solo «piaceri occasionali e passeggeri». Si riferisce piuttosto a quella «gioia che si vive in comunione, che si condivide e si partecipa» (GE 128).
P. GianPaolo Salvini su La Civiltà Cattolica poteva quindi affermare a buon titolo che anche la perdita di tante vocazioni, una questione di attualità, in fondo è legata alla mancanza di senso dell’umorismo. «Chi ne è privo – scriveva – prende tutto sul serio e, per ciò stesso, fa diventare ogni cosa molto drammatica; o, anche senza sfociare nel dramma, almeno si complica la vita». Ed è proprio all’ironia intelligente e al gusto per l’arguzia di p. GianPaolo, morto il 21 marzo 2021, che dobbiamo lo spunto per questo nuovo volume della collana Accènti, che gli dedichiamo, con affettuosa riconoscenza.
Il volume riunisce un editoriale del 1986, su umorismo e vita cristiana, che immaginiamo ispirato dalla ricerca di p. Castelli; un articolo di p. Larivera che offre un breve studio scientifico multidisciplinare sull’umorismo; alcune considerazioni di natura strettamente psicologica sul tema, a cura di p. Zollner; due articoli di p. Cucci sulle connessioni tra qualità della vita, e della vita spirituale in particolare, e umorismo; e, infine, il già citato articolo di p. Salvini.
Affidiamo ora queste pagine alla curiosità, ma anche alla benevolenza dei nostri lettori, con un filo di sorriso sulle labbra. Scriviamo spesso di cose serissime, e anche noi rischiamo talvolta di prenderci un po’ troppo sul serio. Impariamo insieme a coltivare un sano umorismo, segno di saggezza, antidoto alla durezza del cuore e alla paura, dono dello Spirito Santo.