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Il cardinale designato Michael Czerny, gesuita, e il vicario apostolico mons. David Martínez de Aguirre Guinea, domenicano, forniscono qui una introduzione al prossimo Sinodo per l’Amazzonia che avrà luogo a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019. Mons. Martínez de Aguirre Guinea è stato missionario in Perù per 18 anni e, dal 2015, è vicario apostolico di Puerto Maldonado. Padre Michael Czerny, – che ha già scritto 4 articoli per La Civiltà Cattolica – ha coordinato l’apostolato sociale della Compagnia di Gesù e ha lavorato per sette anni al Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace. Dal dicembre 2016 è sottosegretario della sezione del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale che si occupa specificamente di quanto concerne i profughi e migranti. Il 1° settembre papa Francesco lo ha designato cardinale.
Il prossimo Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia – che avrà luogo a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019 e ha per tema «Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale» – esaminerà questioni importanti per «ogni persona che abita questo pianeta», come ha scritto papa Francesco nell’introduzione alla sua Lettera enciclica Laudato si’ (LS).
Perché l’Amazzonia è tanto importante da dedicarle un Sinodo? Che cos’è «l’ecologia integrale», e quali potrebbero essere questi «nuovi cammini» per la Chiesa? E poi, in cosa consiste veramente un Sinodo?[1]
L’Amazzonia
Alcune informazioni essenziali sulla regione amazzonica:
- Ha un’estensione di 7,8 milioni di kmq, all’incirca la stessa dimensione dell’Australia.
- Include aree di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana Francese.
- Conta circa 33 milioni di abitanti, 3 milioni dei quali sono indigeni appartenenti a 390 gruppi o popoli diversi.
- Il suo impatto sull’ecosistema planetario: il bacino del Rio delle Amazzoni e le foreste tropicali circostanti nutrono il suolo e regolano, attraverso il riciclo dell’umidità, i cicli dell’acqua, dell’energia e dell’anidride carbonica a livello planetario.
Le comunità che abitano la regione amazzonica hanno individuato i seguenti problemi come questioni critiche per il Sinodo, attraverso un ampio processo di consultazione[2]:
- La criminalizzazione e l’assassinio di leader e attivisti per la difesa del territorio.
- L’appropriazione e la privatizzazione di beni naturali, inclusa l’acqua.
- Le concessioni a imprese di disboscamento legali e l’ingresso di imprese di disboscamento illegali.
- La caccia e la pesca predatorie, soprattutto nei fiumi.
- I megaprogetti infrastrutturali: idroelettrici, concessioni forestali, disboscamento per produrre monocolture, strade e ferrovie, progetti minerari e petroliferi.
- L’inquinamento provocato dall’intera industria estrattiva, che crea problemi e malattie, in particolare ai bambini/e e ai giovani.
- Il narcotraffico.
- I problemi sociali che spesso si accompagnano a tali situazioni, come l’alcolismo, la violenza contro le donne, lo sfruttamento sessuale, il traffico di esseri umani, la perdita della cultura originaria e dell’identità (lingua, pratiche spirituali e costumi), e la condizione di povertà nel suo complesso, alla quale sono condannati i popoli dell’Amazzonia.
Altri elementi critici sono stati sottolineati dall’Instrumentum Laboris (IL) del Sinodo:
- La mancanza di demarcazione dei territori indigeni, e la mancanza di riconoscimento del titolo alla terra. Per la popolazione amazzonica, «territorio» indica la terra come spazio e luogo naturale per la realtà umana in tutta la sua diversità, le relazioni e gli scambi, sia materiali sia simbolici o spirituali. Le persone e l’ecosistema sono inter-dipendenti in modo dinamico. Per molte persone dell’Amazzonia, il territorio è anche il luogo delle radici storiche, dove abitano gli spiriti dei loro antenati, e dove possono sperimentare tutte le dimensioni del buen vivir o «buon vivere». Queste connotazioni del «territorio» sono in sintonia con la scelta di papa Francesco di usare il termine «casa» («la casa comune») per descrivere la completa relazione di responsabilità degli essere umani verso il pianeta.
- La rapida perdita di biodiversità (estinzione di specie della flora e della fauna).
- In alcuni casi, sono le popolazioni amazzoniche stesse ad abusare dei beni naturali (IL 31).
- Le conseguenze per il mondo, perché la foresta amazzonica costituisce il «polmone» vitale per l’atmosfera del pianeta.
- La visione cosmologica amazzonica e la visione del mondo cristiana sono entrambe in crisi, a causa dell’imporsi del mercantilismo, della secolarizzazione, della cultura dello scarto e dell’idolatria del denaro (cfr Evangelii gaudium [EG], nn. 54-55). Questa crisi riguarda specialmente i giovani e il contesto urbano, che stanno perdendo il legame con le radici della tradizione. Inoltre, le migrazioni degli ultimi anni hanno accresciuto i cambiamenti religiosi e culturali della regione. La nuova vita della città non sempre favorisce sogni e aspirazioni, ma spesso disorienta e apre spazi a messianismi di breve durata, disconnessi, alienanti e privi di significato (IL 27; 32).
La crisi della regione amazzonica si sta avvicinando al punto di non ritorno e l’Amazzonia è ora di nuovo oggetto di drammatica attenzione. I problemi generali riguardanti la vita umana e l’ambiente naturale di questa regione sono indiscutibili. Entrambe – vita umana e ambiente – stanno subendo una seria e forse irreversibile distruzione.
All’inizio del 2018, il Papa, a Puerto Maldonado, si rivolse ai popoli dell’Amazzonia con queste parole: «Probabilmente i popoli originari dell’Amazzonia non sono mai stati tanto minacciati nei loro territori come lo sono ora. L’Amazzonia è una terra disputata su diversi fronti: da una parte, il neo-estrattivismo e la forte pressione da parte di grandi interessi economici che dirigono la loro avidità sul petrolio, il gas, il legno, l’oro, le monocolture agro-industriali; dall’altra parte, la minaccia contro i vostri territori viene anche dalla perversione di certe politiche che promuovono la “conservazione” della natura senza tenere conto dell’essere umano e, in concreto, di voi fratelli amazzonici che la abitate. Siamo a conoscenza di movimenti che, in nome della conservazione della foresta, si appropriano di grandi estensioni di boschi e negoziano su di esse generando situazioni di oppressione per i popoli originari per i quali, in questo modo, il territorio e le risorse naturali che vi si trovano diventano inaccessibili. Questa problematica soffoca i vostri popoli e causa migrazioni delle nuove generazioni di fronte alla mancanza di alternative locali. Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia come una dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti»[3].
È dunque questo il momento giusto per ascoltare la voce dell’Amazzonia «nella luce della fede» (IL 147) e «per rispondere come Chiesa profetica e samaritana» (IL 43).
Nuovi cammini per un’ecologia integrale
Il concetto di «ecologia integrale» è commisurato ai problemi e alle opportunità dell’Amazzonia. Esso serve sia come guida sia come obiettivo del Sinodo.
Nel titolo della Laudato si’, il rimando alla «cura della casa comune» è significativo: si tratta di un’espressione straordinaria e bellissima. D’altra parte, la nozione chiave dell’enciclica, quella di «ecologica integrale», non appare altrettanto ovvia, e potrebbe non illuminare immediatamente, e meno ancora stimolare all’azione.
Tutti, più o meno, conoscono il significato della parola «ecologia». L’aggettivo «integrale» dà a essa una piega provocatoria, anche sconcertante. «Integrale» solitamente si riferisce all’«interezza» e all’unità di quell’«intero». Indica che tutti gli elementi essenziali sono inclusi e presenti – non ne manca nessuno – e che questi elementi essenziali sono connessi o mescolati nell’insieme. Allo stesso tempo, «integrale» nega l’esclusione, la riduzione o l’isolamento. Questo aggettivo di solito viene inteso in senso positivo e di valore. Esso dà all’idea di ecologia una portata e un peso maggiori.
Nella Laudato si’ papa Francesco espone la tesi che il mondo sta affrontando una crisi per la sopravvivenza: «Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49). Il grido della terra e il grido dei poveri costituiscono un unico grido, e la Chiesa deve ascoltarlo e gridare con loro[4].
Qui troviamo alcuni attributi specifici dell’ecologia integrale:
- «Una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali» (LS 137), oltre che le dimensioni naturali ed economiche (cfr LS 138).
- «L’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale» (LS 156); questa «ampia visione» include le generazioni future (cfr LS 159).
- «Un’ecologia integrale richiede di dedicare un po’ di tempo per recuperare la serena armonia con il creato, per riflettere sul nostro stile di vita e i nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda, e la cui presenza non deve essere costruita, ma scoperta e svelata» (LS 225; EG 71). Ciò implica «semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo» (LS 230, invocando santa Teresa di Lisieux).
L’ecologia integrale rappresenta una nuova sintesi nella dottrina sociale della Chiesa. Per comprendere questo punto è utile pensare a Rerum Novarum (1891), l’enciclica di Leone XIII che viene considerata il punto d’inizio del pensiero sociale cattolico moderno. Dati gli eccessi della prima rivoluzione industriale, il Papa si preoccupava che i lavoratori non venissero considerati come cose, come mere unità produttive. Per combattere questa distorsione, insisteva sul fatto che i lavoratori venissero trattati come persone con diritti, e che la loro dignità fosse essenzialmente connessa alla famiglia, alla comunità e alla spiritualità.
Sviluppiamo questo paragone. Papa Francesco osserva gli eccessi dello sfruttamento industriale, le ristrettezze del pensiero tecnocratico, l’avidità finanziaria e consumista e l’indifferenza sociale; questi elementi portano a una disuguaglianza totale e a una marginalizzazione crudele, che avvengono parallelamente a un rapido riscaldamento globale e al saccheggio della natura. In risposta, egli richiede un nuovo atteggiamento verso la natura e l’ambiente sociale. L’obiettivo del pensiero e dell’azione dell’ecologia integrale – la nuova sintesi – sarebbe una cura per la nostra casa comune nei suoi aspetti sociali e materiali (naturali) necessari. L’Instrumentum Laboris del Sinodo caratterizza l’ecologia integrale come un «paradigma relazionale» che fornisce l’«articolazione fondamentale dei legami che rendono possibile un vero sviluppo umano» (IL 48).
Questa nuova sintesi è un richiamo al mondo intero, a tutta l’umanità. Ma suggerisce anche un nuovo orientamento socio-pastorale e una nuova dinamica per la Chiesa, che deve comprendere le sfide che gli individui, le famiglie e i gruppi affrontano all’interno di queste varie dimensioni: non possiamo fornire direzione spirituale e cura pastorale se le persone vengono considerate separatamente (cioè non integrate) dal modo in cui vivono e agiscono, all’interno delle reali condizioni naturali, economiche e sociali che affrontano.
Applichiamo ora queste idee all’Amazzonia. La Laudato si’ è stata pubblicata nel giugno 2015. Nel corso degli anni ci sono state numerose iniziative a favore dell’ecologia integrale, molte delle quali animate dalla Chiesa. Nel frattempo, secondo tutti gli indici, la crisi è peggiorata in modo significativo. Il Sinodo sull’Amazzonia è un tentativo consapevole della Chiesa di implementare la Laudato si’ in questo fondamentale ambiente umano e naturale.
Le specifiche circostanze dell’Amazzonia richiedono «un’opzione sincera per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture»[5], in modo che l’ecologia integrale includa l’integrazione della vita, del territorio e della cultura (cfr IL 49). «La Chiesa non può non preoccuparsi della salvezza integrale della persona umana, che comporta promuovere la cultura dei popoli indigeni, parlare dei loro bisogni vitali, accompagnare i movimenti e unire le forze per difendere i loro diritti» (IL 143).
Tutte le parti coinvolte hanno il dovere di prestare attenzione al Sinodo: quanti si trovano ora in Amazzonia; quanti sono vicini ad essa; quanti intendono entrarvi; e il resto del mondo. E nel contesto della prospettiva globale, la Chiesa sta cercando di proporre una leadership in ascolto, che rispetta e vuole imparare: «La cultura amazzonica, che integra gli esseri umani alla natura, diventa un punto di riferimento per la costruzione di un nuovo paradigma di ecologia integrale» (IL 56).
Nuovi cammini per la Chiesa
A partire dal Concilio Vaticano II, la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo è stata molto feconda, ma in alcune circostanze ha fallito. Essa è stata inoltre oggetto costante di dibattito: un dibattito in continua evoluzione. In reazione a ciò, papa Francesco riconosce che «la Chiesa può essere tentata di rimanere chiusa in sé stessa, rinunciando alla sua missione di annunciare il Vangelo e rendere presente il Regno di Dio. Al contrario, una Chiesa in uscita è una Chiesa che si confronta con il peccato [non soltanto personale, ma anche sociale e strutturale] di questo mondo al quale essa stessa non è estranea (cfr EG 20-24)» (IL 100).
Questa Chiesa in uscita deve offrire risposte significative e appropriate a situazioni concrete. Nel 2013, il Pontefice ha invitato i vescovi del Brasile a riconoscere l’Amazzonia come un vero e proprio «banco di prova» per la Chiesa e la società. La Chiesa – egli ha detto – è «determinante per il futuro dell’area»[6].
Quali sono i «nuovi cammini attraverso i quali la Chiesa in Amazzonia annuncerà il Vangelo di Gesù Cristo nei prossimi anni» (IL 5)?
I nuovi cammini guidano la Chiesa a essere non per sé stessa, ma per le persone, coinvolgendole pienamente come Popolo di Dio. Negli ultimi anni il calo nel numero di religiosi missionari – sia uomini sia donne – sta mettendo in pericolo la presenza della Chiesa cattolica tra le popolazioni indigene in Amazzonia. La Conferenza di Aparecida ha avuto il coraggio di ammettere che «da una parte, molte persone stanno perdendo il senso trascendente della propria vita, abbandonando le pratiche religiose; d’altra parte, un numero significativo di cattolici sta abbandonando la Chiesa e si sta spostando verso gruppi religiosi diversi»[7].
Il pontificato di Francesco ha messo in evidenza la sfida dell’Amazzonia per la Chiesa, e ciò sta provocando una rapida risposta all’interno di diverse congregazioni religiose, che stanno tornando, si stanno riorganizzando e stanno riorientando la loro missione sul territorio. Il Sinodo vuole rispondere alla sfida di Aparecida di rilanciare la missione della Chiesa in Amazzonia con «fedeltà e audacia»[8]. Dobbiamo comprendere l’importanza della nostra presenza in questo territorio molto speciale, e allo stesso tempo capire il modo particolare in cui si deve evangelizzarlo.
La Chiesa acquisisce un volto amazzonico attraverso la partecipazione alla grande diversità di popoli che abitano in questo territorio. Non soltanto i volti di coloro che vi hanno abitato originariamente e se ne sono presi cura per migliaia di anni, ma anche quelli di quanti sono arrivati dopo e sono rimasti. Questi ultimi, molti dei quali cattolici, sono chiamati in modo particolare a sentirsi parte dell’Amazzonia, a rispettarla e a identificarvisi.
Francesco ci ha detto a Puerto Maldonado: «Amate questa terra, sentitela vostra. Odoratela, ascoltatela, meravigliatevi di essa. Innamoratevi di questa terra […], impegnatevi per essa e custoditela, difendetela. Non usatela come un mero oggetto che si può scartare»[9]. Il Sinodo aiuterà tutti – indigeni, abitanti dei fiumi, discendenti degli africani, mestizos, migranti andini e abitanti delle città – a prendere possesso dell’identità amazzonica e a trovare una struttura ecclesiale e statuti appropriati per specifici requisiti pastorali.
«Nuovi cammini per la Chiesa» significa anche approfondire il «processo d’inculturazione» (EG 126) e l’interculturalismo (cfr LS 63; 143; 146). Perciò è importante che i popoli originari «facciano loro» la Chiesa. Essi devono essere soggetto attivo – non soltanto oggetto – dell’evangelizzazione, così che il processo d’inculturazione sia una loro scelta. Essendo lì solo temporaneamente, i missionari devono accettare un ruolo secondario e dare priorità al vero protagonismo della comunità indigena evangelizzata.
Per la Chiesa cattolica è una grande e continua sfida far sì che le popolazioni indigene dell’Amazzonia si sentano parte di essa e contribuiscano a essa con la luce di Cristo e con la ricchezza spirituale che proviene dalle loro culture. Questo atteggiamento diretto della Chiesa non preclude il dialogo interreligioso con quanti non accettano Gesù Cristo.
L’Instrumentum Laboris articola la complessità del lavoro della Chiesa in Amazzonia. Le grandi distanze, la diversità culturale e la scarsità di sacerdoti obbligano la Chiesa a dare risposte audaci ed efficaci. I padri sinodali e gli altri partecipanti dovranno rispondere alla sfida di passare da una «pastorale della visita» a una «pastorale della presenza» (IL 128).
Per fare questo passo importante, è necessaria una concentrazione sulla pastorale e sui servizi per le comunità. Da un lato, ciò costituirà un’opportunità per continuare a implementare il Concilio Vaticano II e sfruttare le possibilità, per i pastori, di rispondere efficacemente ai bisogni delle loro Chiese locali. Dall’altro lato, occorre ancora vedere quali innovazioni pastorali nasceranno per far sì che la presenza dei sacramenti venga garantita in ogni comunità. In questo senso, il ministero dell’Eucaristia acquista particolare importanza, dato che «la Chiesa vive dell’Eucaristia e l’Eucaristia edifica la Chiesa»[10].
Tutto ciò richiede proposte «audaci» della Chiesa in Amazzonia, che a loro volta presuppongono coraggio e passione, come ci viene chiesto da papa Francesco (cfr IL 106). Il Pontefice ha offerto diversi suggerimenti per un compromesso coraggioso con le condizioni contemporanee: in maniera specifica nella Laudato si’, più ampiamente nell’Evangelii Gaudium e nella Gaudete et exsultate, e con speciale sensibilità verso i desideri umani in Amoris laetitia. Questi documenti aiutano a chiarire cosa sia la pastorale per i leader ecclesiali, i fedeli e le altre persone in Amazzonia.
La grandezza e la stabilità del magistero non devono distrarre la Chiesa dal rispondere a bisogni unici in maniera appropriata. Una misura non va bene per tutti, e in questa regione, in questo momento, la sfida è quella di essere una Chiesa con un volto amazzonico e indigeno (cfr IL 107-111; 115-116).
Questo è quindi l’obiettivo del prossimo Sinodo: «favorire una capacità di profezia in Amazzonia» (IL 147) per la Chiesa e per l’ecologia integrale.
Un Sinodo di nuovi cammini
Cattolici e non potrebbero sorprendersi per l’uso che la Chiesa fa oggi della parola «sinodo». Fino ai tempi recenti, l’idea di un Sinodo era più familiare per i cristiani di rito orientale, ed esso è anche il nome di una struttura in alcune Chiese cristiane non-cattoliche.
La radice greca della parola significa «viaggiare insieme». Fin dall’inizio, i discepoli di Gesù hanno viaggiato attraverso la storia, guidati dallo Spirito Santo e dai loro pastori, con il primato di Pietro. Poi, nel 1965, apprezzando i benefici della vicina collaborazione tra il Santo Padre e i vescovi durante il Concilio Vaticano II, san Paolo VI decise di fondare uno «speciale Consiglio permanente di sacri Pastori», affinché la sua «larga abbondanza di benefici» potesse accrescersi[11].
I Pontefici successivi hanno fatto ampio uso dei Sinodi, che si dividono in tre categorie: «Assemblea generale ordinaria», per questioni riguardanti la Chiesa universale; «Assemblea generale straordinaria», per questioni particolarmente urgenti riguardanti la Chiesa universale; e «Assemblea speciale», per questioni riguardanti uno specifico continente o regione. Il prossimo Sinodo sull’Amazzonia è l’undicesimo Sinodo della categoria «speciale».
Questa pratica è in evoluzione. L’istruzione più recente è la Costituzione apostolica Episcopalis Communio, promulgata da papa Francesco il 15 settembre 2018. Senza cambiarne lo status formale di un gruppo di vescovi di rappresentanza che forniscono assistenza consultiva o deliberativa al Pontefice, papa Francesco ha condotto i Sinodi verso qualcosa di più ricco di semplici «vescovi che viaggiano insieme»: sempre di più, essi stanno diventando riunioni dell’intero Popolo di Dio nella Chiesa.
Un modo per incoraggiare i Sinodi a essere più inclusivi è stata l’istituzione di sondaggi nella fase preparatoria, che raccolgono le domande, le informazioni e le preoccupazioni dei fedeli laici e religiosi, e non solo dei vescovi. Tali sondaggi sono stati fatti prima dei Sinodi sulla famiglia, sui giovani e sull’Amazzonia.
Un altro modo è stato l’aumento del numero e della varietà di partecipanti per rappresentare vari aspetti della questione. Questa è stata una caratteristica rilevante del Sinodo sui giovani, dove la condivisione della vita quotidiana con i giovani auditori ha illuminato e influenzato i delegati votanti.
Il documento finale di quest’ultimo Sinodo riconosce in tale esperienza un frutto dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa e la chiama a praticare la sinodalità come modo di essere e di agire, promuovendo la partecipazione di tutti i battezzati e delle persone di buona volontà, ognuno secondo la sua età, stato di vita e vocazione. In quest’ultimo Sinodo abbiamo sperimentato che la collegialità che unisce i vescovi cum Petro et sub Petro nella sollecitudine per il Popolo di Dio è chiamata ad articolarsi e arricchirsi attraverso la pratica della sinodalità a tutti i livelli[12].
Tutti si sono resi conto dell’importanza della forma sinodale della Chiesa per la proclamazione e trasmissione della fede. La partecipazione dei giovani ha contribuito a «risvegliare» la sinodalità, che è una «dimensione costitutiva della Chiesa. […] Come dice san Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi”, perché la Chiesa non è altro che il “camminare insieme” del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore». La sinodalità caratterizza sia la vita sia la missione della Chiesa, che è il Popolo di Dio, formato da giovani e anziani, uomini e donne di ogni cultura e orizzonte, e il Corpo di Cristo, in cui siamo membra gli uni degli altri, a partire da chi è messo ai margini e calpestato[13].
Anche per il bene della missione, la Chiesa è chiamata ad adottare un atteggiamento relazionale che evidenzi l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo e il discernimento comune in un processo che trasformi le vite di quanti vi partecipano. «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)»[14].
Infatti, l’ascolto reciproco, l’accoglienza, il dialogo, il discernimento comune, il consenso a identificare i cammini che Dio traccia per noi come Chiesa, il popolo di Dio, sono fondamentali per «una Chiesa chiamata ad essere sempre più sinodale» (IL 5). Sono inoltre fondamentali per il difficile allontanamento dal clericalismo, e da un’enfasi eccessiva sull’importanza della centralizzazione nella Chiesa, e verso un avvicinamento a una reale sussidiarietà. Una Chiesa che sia sempre più sinodale attuerà cammini diversi in diverse regioni e situazioni, e sarà più a suo agio con la molteplicità, manifestando diverse caratteristiche con popoli diversi, invece di imporre una «taglia unica».
L’IL si conclude con l’augurio «che questo Sinodo sia espressione concreta della sinodalità di una Chiesa in uscita, affinché la vita piena che Gesù è venuto a portare nel mondo (cfr Gv 10,10) possa raggiungere tutti, specialmente i poveri» (IL 147).
Questo Sinodo, questo «camminare insieme», non finisce con la Messa conclusiva, né con la presentazione del Documento finale al Papa, né con la sua successiva Esortazione apostolica, probabilmente nella prima metà del 2020. Esso indicherà invece un’azione futura, da parte del Popolo di Dio e di altri, per la protezione di una parte specifica della grande casa comune dove tutti noi viviamo, oltre a nuovi cammini pastorali per la Chiesa.
Il Sinodo sarà costituito dai vescovi dell’Amazzonia che camminano insieme l’uno con l’altro, assieme agli abitanti di quelle regioni, ai giovani e allo Spirito Santo.
Conclusione
Ecco perché, durante il Sinodo di ottobre, tutte le persone del mondo dovranno camminare con le persone dell’Amazzonia – senza espanderne o dirottarne l’agenda –, aiutando il Sinodo a fare la differenza.
La regione amazzonica è enorme, e le sue sfide sono immense. L’impatto della sua distruzione sarebbe sentito in tutto il mondo.
Per le persone di quel territorio, l’Amazzonia è «casa», nel senso più pieno del termine; per questo «è necessario un lavoro che aiuti a vedere l’Amazzonia come una casa di tutti, che merita la cura di tutti» (IL 129). Per la terra e per l’umanità intera, l’Amazzonia è parte vitale della «casa comune». Se l’Amazzonia venisse ulteriormente depredata, l’aria potrebbe divenire troppo cattiva e calda per sostenere la vita. I giovani e quanti non sono ancora nati rischiano più di tutti in questa crisi. Come farà la gioventù dell’Amazzonia a unirsi ai giovani di tutto il mondo per assicurarsi che, mentre crescono, tutti siano in grado di respirare, vivere appieno e trasmettere queste condizioni fondamentali per la vita ai propri figli?
E come può la Chiesa aiutare nel trovare i nuovi cammini necessari? «Il mondo amazzonico chiede alla Chiesa di essere sua alleata» (IL 144).
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[1] Gli autori ringraziano Hernán Quezada S.I. (Messico) e Robert Czerny (Canada) per l’aiuto nella stesura e nella revisione di questo articolo.
[2] Al processo di consultazione hanno partecipato circa 87.000 persone. Più o meno 22.000 hanno preso parte ad Assemblee, Forum e Gruppi di discussione, e almeno altre 65.000 hanno partecipato ai processi preparatori nei nove Paesi della regione amazzonica. È stato coinvolto il 90% dei vescovi e dei vicari amazzonici. Inoltre, alcune Conferenze episcopali hanno condotto proprie consultazioni.
[3] Francesco, Incontro con i Popoli dell’Amazzonia, Puerto Maldonado, 19 gennaio 2018.
[4] Cfr T. García, «Hoy la Amazonía se puede sentar en la mesa del Planeta Tierra y alzar su voz», intervista a mons. David Martínez de Aguirre, in Religion Digital, 3 giugno 2019.
[5] Francesco, Incontro con i Popoli dell’Amazzonia, cit.
[6] Id., Incontro con l’Episcopato brasiliano, 27 luglio 2013.
[7] Documento della V Conferenza Generale del CELAM, Aparecida (Brasile), 2007.
[8] Ivi.
[9] Francesco, Incontro con la Popolazione all’Istituto Jorge Basadre (Puerto Maldonado), 19 gennaio 2018.
[10] Giovanni Paolo II s., Ecclesia de Eucharistia (2003), n. 1 e cap. II.
[11] Paolo VI, s., Apostolica Sollicitudo, Istituzione del Sinodo dei Vescovi per la Chiesa Universale, 15 settembre 1965.
[12] Sinodo dei Vescovi sui Giovani, Documento Finale, 27 ottobre 2018, 119.
[13] Cfr ivi, 121, che cita Francesco, Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.
[14] Ivi.