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170 anni fa il beato Pio IX chiese alla Compagnia di Gesù di fondare “La Civiltà Cattolica”. Da allora essa accompagna fedelmente il Papa. Grazie per l’aiuto che offrite anche a me.
Continuate a vivere la dinamica tra vita e pensiero con occhi che ascoltano, sapendo che la “civiltà cattolica” è quella del buon samaritano.
Vi auguro di essere creativi in Dio esplorando nuove strade, anche grazie al nuovo respiro internazionale che anima la rivista: si sentono salire dalle pagine le voci di tante frontiere che si ascoltano.
Fate discernimento sui linguaggi, combattete l’odio, la meschinità e il pregiudizio. E soprattutto non accontentatevi di fare proposte di rammendo o di sintesi astratta: accettate invece la sfida delle inquietudini straripanti del tempo presente, nel quale Dio è sempre all’opera.
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La Civiltà Cattolica ha appena compiuto 170 anni. La rivista vive, oggi come allora, di un rapporto speciale con il Pontefice, e dunque papa Francesco, per festeggiare l’evento, ha inviato al direttore un messaggio scritto di suo pugno. Il testo è pubblicato sulla copertina del primo fascicolo di gennaio 2020 della rivista, che uscirà sabato 4 gennaio e sarà anticipato in parte in questi giorni, anche sul sito www.laciviltacattolica.it.
Esordisce così: «170 anni fa il beato Pio IX chiese alla Compagnia di Gesù di fondare “La Civiltà Cattolica”». Francesco ricorda che la rivista nasce per esplicita richiesta del Papa, che dunque ne è stato il fondatore. Il primo fascicolo fu stampato a Napoli il 6 aprile 1850. In questi 170 anni La Civiltà Cattolica ha seguìto la storia della Chiesa, dell’Italia e del mondo. Ha attraversato le due guerre mondiali, il Concilio Vaticano II, e visto la conclusione di 11 pontificati. Sfogliare la raccolta dei 4.069 fascicoli pubblicati fino a oggi significa percorrere la storia contemporanea, entrando nelle sue pieghe e nelle sue ragioni.
La Civiltà Cattolica oggi è diventata una «rivista internazionale dei gesuiti». Internazionale per il suo sguardo da sempre ampio al mondo e alle sue tensioni geopolitiche e religiose; internazionale perché dall’aprile 2017 la rivista è pubblicata in 5 lingue; internazionale perché dal febbraio 2018 il collegio degli scrittori si è allargato grazie a un gruppo di 12 «corrispondenti» da tutto il mondo, ma anche a tanti altri gesuiti di varie nazioni. Papa Francesco ci conferma su questa strada quando, nel suo biglietto, scrive: «Vi auguro di essere creativi in Dio esplorando nuove strade, anche grazie al nuovo respiro internazionale che anima la rivista: si sentono salire dalle pagine le voci di tante frontiere che si ascoltano». E questo dialogo tra frontiere ci immerge nel mondo e nelle sue tensioni, nei suoi nodi politici globali.
Ci chiede Francesco nel suo messaggio: «Continuate a vivere la dinamica tra vita e pensiero con occhi che ascoltano, sapendo che la “civiltà cattolica” è quella del buon samaritano». Un’affermazione folgorante, che è simile a quella per la prima volta detta al nostro direttore durante l’intervista del 2013: «La Chiesa è un ospedale da campo». E Francesco ce lo aveva già detto nel 2017: la vostra «sia una scrittura che tende a comprendere il male, ma anche a versare olio sulle ferite aperte, a guarire».
Ci chiede ancora il Papa: «Fate discernimento sui linguaggi, combattendo l’odio, la meschinità e il pregiudizio». Questa frase esprime la consapevolezza di come oggi sia necessario un discernimento non soltanto sui contenuti, ma anche sul linguaggio. È un tema sul quale Francesco è tornato più volte. Ma oggi ci colpisce soprattutto il fatto che ci chieda di combattere la meschinità. Ricordiamo bene quel che scrisse in Amoris laetitia: «È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano» (n. 304). Francesco vuole che la nostra scrittura abbracci la vita umana, non abbia i «paraocchi», non si nasconda dietro a ovvietà, non giudichi per norme rigide e sorde.
Ci chiede infine il Papa: «Soprattutto non accontentatevi di fare proposte di rammendo o di sintesi astratta: accettate invece la sfida delle inquietudini straripanti del tempo presente, nel quale Dio è sempre all’opera». In queste parole cogliamo una visione del mondo che non vede un Dio assente, deluso e dunque alieno alla realtà, ma sempre «all’opera». In questo quadro, la sfida è offerta dalle «inquietudini del tempo presente», che Francesco definisce «straripanti».
Francesco chiede a La Civiltà Cattolica di non addomesticare le inquietudini, di dare loro aria, di percepirle e fare discernimento su esse, senza optare per soluzioni facili e prêt-à-porter, capaci di spegnere anche lo Spirito, che invece muove e origina alcune di queste inquietudini.