Come fa Google a sapere che potremmo essere interessati a quel certo tipo di libro o a quella determinata catena di ristoranti? Glielo abbiamo detto noi.
Noi esseri umani diamo al colosso del digitale, più o meno consapevolmente, moltissime informazioni sulla nostra vita e sulle nostre preferenze, che poi un algoritmo – programmato e aggiornato da altri esseri umani, con le loro intenzioni e finalità – elabora per fornire risposte «intelligenti». E sempre più intelligenti e puntali. Questa matrice umana della tecnologia appare dunque ancora un discrimine importante per tracciare i confini attuali del rapporto tra uomo e macchina, per cogliere la frontiera tra cosa è «umano» e cosa è «artificiale»; e, quindi, per visualizzare il campo di azione che è ancora ampiamente disponibile alla coscienza delle persone.
Padre Roberto Busa, un pioniere dell’informatica e della ricerca sul rapporto tra uomini e macchine, scriveva infatti così su La Civiltà Cattolica nel 1969: «Resterà quindi sempre, come minimo, questa differenza: l’uomo con solo se stesso ha dato inizio alla macchina artificiale; mentre una macchina manufatta, anche se dall’uomo resa più capace dell’uomo, è per definizione che mai avrà la caratteristica di dare con solo se stessa il primo inizio a qualcosa di nuovo: sarà sempre stato l’uomo a “inventare” di farla più capace dell’uomo».
D’altra parte, l’attuale sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) e, sull’altro versante, delle possibili integrazioni tecnologiche all’umano e ai corpi (cyborg), pongono oggi a un nuovo livello la domanda nata con la macchina di Turing, con i primi computer e con la cibernetica: ha senso parlare di macchina pensante? Può un manufatto essere davvero «intelligente» e scegliere per il meglio, senza un corpo, senza un’anima e senza sentimenti? E quali decisioni siamo disposti ad affidare a questi manufatti eccezionali?
Ha scritto papa Francesco nel suo messaggio ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia accademia per la vita, il 25 febbraio 2019: «Conviene osservare che la denominazione di “intelligenza artificiale”, pur certamente di effetto, può rischiare di essere fuorviante. I termini occultano il fatto che […] gli automatismi funzionali rimangono qualitativamente distanti dalle prerogative umane del sapere e dell’agire. E pertanto possono diventare socialmente pericolosi[…]. Dobbiamo comprendere meglio che cosa significano, in questo contesto, l’intelligenza, la coscienza, l’emotività, l’intenzionalità affettiva e l’autonomia dell’agire morale. I dispositivi artificiali che simulano capacità umane, in realtà, sono privi di qualità umana».
Le implicazioni etiche sono enormi, al pari delle opportunità offerte dal rapidissimo sviluppo tecnologico. E non possono più restare solo un argomento della grande fantascienza. Sono questioni che richiedono oggi uno sviluppo culturale e di leadership, per affrontare con responsabilità «il rischio che l’uomo venga tecnologizzato, invece che la tecnica umanizzata» (papa Francesco).
Ecco dunque perché abbiamo voluto raccogliere una serie di saggi, pubblicati nel corso degli anni su La Civiltà Cattolica, che sotto prospettive diverse affrontano il tema dell’IA. Sono raccolti in quattro sezioni.
Nella prima vogliamo riflettere sulla praticabilità e sui possibili principi di un «umanesimo digitale». Nel primo articolo si inquadra il tema, prendendo in considerazione alcuni ambiti specifici della vita umana nei quali l’assenza di controllo può portare a gravi conseguenze sociali, e altri invece dove l’apporto dell’IA può offrire un contributo, oltre che utile, anche correttivo nei confronti della volubilità umana. Alcune attività della vita ordinaria rivelano una misteriosa complessità che si pone su un livello qualitativamente differente rispetto all’intelligenza artificiale. Poi, con un altro contributo, cerchiamo di comprendere il naturalismo filosofico contemporaneo, alla luce delle neuroscienze e degli studi sull’IA, le sue implicazioni e la sfida che pone alla concezione tradizionale e cristiana della persona umana. Alla fine della prima sezione esaminiamo come i grandi cambiamenti in corso stiano ponendo sfide per le tradizioni cristiana e confuciana, come pure per altre tradizioni religiose e secolari, tra occidente e oriente.
La seconda sezione del volume affronta le questioni etiche poste dall’IA. Un primo articolo definisce i termini della questione: la domanda dell’etica – che riguarda tanti e diversi campi della vita e della scienza – è quella che cerca di conciliare il bene con la libertà, chiedendosi se ciò che possiamo fare (sotto il profilo fisico o psicologico) lo dobbiamo fare effettivamente. Un secondo saggio spiega come l’intelligenza artificiale ponga in particolare una questione di giustizia sociale. I poveri del XXI secolo, infatti, sono coloro che, in un mondo basato sui dati e sulle informazioni, sono ignoranti, ingenui e sfruttati. Nel saggio successivo entriamo poi nello specifico delle implicazioni etiche della raccolta e del controllo dei cosiddetti big data, in un sistema economico internazionale dove quasi ogni settore sarà sempre più un’industria di raccolta e trasformazione di dati. Infine, con un resoconto sul Convegno annuale della Pontificia Accademia per la Vita (26-28 febbraio 2020) possiamo vedere come i vari soggetti coinvolti nella rivoluzione digitale stiano collaborando per costruire una regolamentazione etica condivisa: una «algor-etica» accanto alla bioetica.
La terza sezione affronta più esplicitamente il tema del rapporto tra uomo e macchina. In un primo articolo si evidenzia che la rivoluzione digitale coinvolge anche il campo delle relazioni. I nuovi ritrovati potrebbero compensare la solitudine e la conflittualità che da sempre caratterizzano le relazioni, fino alla possibilità di instaurare legami affettivi con robot che presentano fattezze umane di tutto punto. Nell’articolo si presentano alcuni scenari e i possibili costi di tali innovazioni. Il saggio successivo, invece, si occupa dei cyborg, esseri costituiti di biologia e macchina, e di come queste nuove possibilità tecnologiche stiano modificando la visione dell’uomo e dell’umano, di corpo e di corporeità. Infine, ci facciamo aiutare nella riflessione da Wall•e, il noto film di animazione che ha come protagonista un piccolo robot, unico superstite in una terra abbandonata dagli uomini perché ormai del tutto ricoperta di immondizia. Questo robot fa della sua modesta vita nel mondo un’occasione di poesia e di vera «umanità», e la sua storia sa parlare di temi che riguardano la coscienza, la libertà, gli affetti.
Per concludere, abbiamo dedicato una sezione al già citato padre Roberto Busa, un vero pioniere dell’informatica e della riflessione su di essa. Innanzi tutto, ne presentiamo un profilo, in cui si fa anche il punto sull’importanza degli studi del gesuita che ha iniziato l’informatica linguistica. Il suo contributo principale può essere individuato nell’applicazione del metodo lessicografico agli studi di filosofia e di teologia.
Poi due saggi di padre Busa. Il primo si occupa dell’impatto innovativo della cosiddetta macchina di Turing, una macchina astratta, esistita soltanto come concetto mentale e come disegno su carta, che poi von Neumann, con altri, rese concreta costruendo il primo computer nel 1948 a Manchester. Le riflessioni dell’autore sulle «macchine pensanti» scaturiscono dalla sua esperienza personale, perché dagli stessi princìpi della macchina di Turing è nata la linguistica computazionale (o «informatica ermeneutica» o linguistica), che è stata appunto il campo di competenza principale di p. Busa. Infine, in una sua recensione del 1969 di quattro testi sulla cibernetica e sul rapporto tra macchina e uomo, si colgono i fondamenti della ricerca di Busa. È affascinante rileggere, anche dopo 50 anni e dopo le evoluzioni cui abbiamo assistito in questi campi, questa chiosa scritta dal gesuita e dallo scienziato: «E per me, sacerdote, so che ogni dato di fatto è figlio di Dio se natura, è nipote di Dio se opera dell’uomo, e che ogni ricerca scientifica non è se non il nostro risalire all’insù i programmi che Dio ha caricato nella natura perché si evolvesse come si evolve, e nell’uomo perché riprogrammasse se stesso e il suo habitat».
Offriamo questo volume ai nostri lettori per testimoniare un’attenzione della nostra rivista nei confronti del rapporto uomo-macchina e dell’IA. Ringrazio il dott. Simone Sereni per aver raccolto i tasselli di questo mosaico, individuando i quattro percorsi che qui offriamo. Le sfide che abbiamo davanti a noi sono enormi e richiedono un’attenta riflessione critica. Certamente il tema, prima o poi, sarà chiaramente affrontato dal Magistero della Chiesa. I numerosi convegni e incontri organizzati da vari Dicasteri della Santa Sede ne sono una premessa importante. Le nostre riflessioni vogliono essere un contributo a questo percorso.