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Papa Francesco il prossimo 21 giugno si recherà a Ginevra per incontrare il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiesa (CEC), la comunità fraterna di 348 Chiese, provenienti per la maggior parte da tradizioni ortodosse, anglicane e protestanti, e che comprende anche un certo numero di Chiese pentecostali e Chiese africane indipendenti.
Alla vigilia di questa importante tappa lungo il cammino ecumenico, il direttore de La Civiltà Cattolica, p. Antonio Spadaro, ha intervistato, nel quaderno 4031 in uscita sabato 2 giugno, il pastore evangelico Martin Robra, il responsabile dei rapporti tra il Consiglio e la Chiesa cattolica. L’intervista, per la sua rilevanza viene pubblicata in contemporanea anche dal sito ufficiale del Consiglio ecumenico delle Chiese in inglese, tedesco e italiano: www.oikoumene.org
Il pastore Robra, dopo aver presentato la natura e la missione del Consiglio, afferma: «È sorprendente che papa Francesco abbia dato tanto rilievo al CEC durante la sua visita a Ginevra. È un fatto molto diverso rispetto alle due precedenti visite dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. Quei viaggi erano stati dedicati dai Papi anzitutto alla Svizzera e agli uffici ginevrini delle Nazioni Unite in qualità di capi di Stato. Papa Francesco viene prima di tutto come capo della Chiesa cattolica, vescovo di Roma e successore di Pietro».
Dalla conversazione emerge come la cooperazione con i dicasteri vaticani oggi sia migliorata molto e che le esortazioni apostoliche Evangelii gaudium e Amoris laetitia, e l’enciclica Laudato si’ siano state studiate dal gruppo operativo del CEC perché documenti «saldamente radicati nella dottrina della Chiesa cattolica, ma in ottima consonanza con il lavoro unitario delle Chiese del CEC». Per questo «sono diventati punti di riferimento ricorrenti».
E auspica: «Il mondo vede nel Papa una voce determinante del cristianesimo mondiale, insieme al patriarca ecumenico Bartolomeo e a pochi altri capi ecclesiastici. Sarebbe davvero un grande passo avanti se divenisse chiaro che il Papa non parla soltanto nell’interesse della Chiesa cattolica di Roma, ma piuttosto anticipa quella Chiesa una, santa, apostolica e cattolica con coloro che finora sono separati».
Infine il pastore fa proprio l’atteggiamento del Papa: «nutro una reale speranza nel rapporto tra le Chiese “come se” fossero una cosa sola» affermando che le Chiese dovrebbero agire insieme in tutte le questioni tranne solamente quelle in cui profonde differenze di convinzione le costringono ad agire separatamente. E tra i principali successi del movimento ecumenico evidenzia il forte contribuito alla pace e alla riconciliazione nel mondo.