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Attualità culturale

Vhils. Lo «scratching the surface»

Claudio Zonta

6 Febbraio 2025

Quaderno 4190

Alexandre Farto, in arte «Vhils», è uno street artist portoghese, nato a Seixal nel 1987. Sin da ragazzino cominciò con i graffiti sui muri suburbani, per poi trasferirsi a studiare al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra. Fu notato, perché una sua opera era al The Cans Festival di Londra nel 2008, una mostra di street artist organizzata da Banksy presso un tunnel in disuso vicino alla stazione di Waterloo.

Tanti sono i luoghi che, attualmente, ospitano le sue opere: Brasile, Stati Uniti, Messico, Canada, Africa, Cina, Thailandia, Australia e, ovviamente, l’Europa. La sua tecnica principale, innovativa e performativa, è lo scratching the surface («scalfire la superficie»), ossia una tecnica di incisione e scavatura effettuata sui muri, con scalpelli e martelli pneumatici, trapani, fino a delle cariche esplosive, che scavano le superfici del muro, creando un bassorilievo, da cui emergono le immagini pensate dall’artista. Nell’opera di Vhils esiste una forte tensione tra distruzione e creazione: il muro, generalmente fatiscente, viene rivitalizzato con la tecnica dello scratching, che gli ridà forma e contenuto, bellezza e pensiero. La parete, dunque, non è solo una tela sulla quale dipingere, ma è il luogo impregnato di storia, di società e di una umanità che va riscoperta, scavata, svelata nuovamente.

Vhils, inoltre, utilizza anche manifesti pubblicitari che nel tempo subiscono una stratificazione e possono essere utilizzati come una nuova tela urbana, come egli stesso afferma: «Ho iniziato a usare vecchi cartelloni pubblicitari che in Portogallo vengono comunemente incollati l’uno sull’altro e creano questi spessi amalgami, che ho iniziato a incidere per creare composizioni… Il concetto di base è sempre lo stesso: usare mezzi distruttivi per creare. Sono sempre alla ricerca di strumenti e processi interessanti» (https://invurt.com/2013/03/20/interview-with-vhils). Ma l’artista sfrutta anche supporti in legno o le lastre di metallo incise e corrose dall’acido e poi esposte alle intemperie per sfocare l’immagine e ottenere l’effetto della ruggine.

Le immagini che Vhils rappresenta sono soprattutto volti di persone comuni, anonime, che diventano icone della quotidianità, sguardi che si stagliano imponenti sulla maestosità di mura fino a qualche tempo prima anonime e ignorate. Come egli stesso afferma, i volti umanizzano i luoghi, specialmente quelli più degradati, e i passanti possono mettersi in relazione con essi, soprattutto con lo sguardo; infatti, la parte più evidente nelle sue opere sono proprio gli occhi dei protagonisti, che mostrano fierezza, vitalità e sono portatori del carico generativo dell’esistenza. Non è possibile passare davanti alle sue opere senza essere irretiti da quegli sguardi che fissano instancabilmente e che suscitano domande e riflessioni. Intensi sono i volti di alcuni Guaranì del villaggio di Araçaí, intagliati sulle porte di legno all’interno della mostra Incisão, nella città brasiliana di Recife (22 novembre 2014 – 25 gennaio 2015), creati per destare l’attenzione sulle condizioni di precarietà e ingiustizia delle popolazioni indigene che vivono all’interno della riserva.

In Italia, maestosa è l’opera sugli otto silos granari all’interno del porto di Catania, che rappresenta lo sguardo di un uomo in direzione del Mare Mediterraneo, quasi a tracciare un ponte visivo verso l’Oriente, una vedetta che scruta l’orizzonte in attesa di chi arriva dal mare con navi, barche e gommoni.

La persona all’interno del contesto urbano, dunque, è al centro dell’arte di Vhils, il quale afferma: «Scolpire e “graffiare” un muro con il volto di una persona è un gesto poetico: le persone scolpiscono le proprie città e le città sono scolpite dalle stesse persone» (www.youtube.com/watch?v=I2S9k6JBP1M min.2.35).

Vhils. Lo «scratching the surface»

Claudio Zonta

Scrittore de La Civiltà Cattolica.


6 Febbraio 2025

Quaderno 4190

  • Anno 2025
  • Volume I

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