
Tra le proposte culturali del Giubileo 2025 si inserisce la mostra En route, allestita presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, curata da don Giacomo Cardinali, Simona De Crescenzo, Francesca Giannetto e Delio V. Proverbio, in collaborazione con la Maison Dior.
La mostra è pensata per essere accompagnati, con audioguida, dalla voce narrante di don Giacomo, insieme a suoni e musiche di Jovanotti, percorrendo tre sezioni, per poi culminare nel Salone Sistino, dove tutto si fa silenzio.
Il visitatore, accolto dalla bicicletta del cantante e dai suoi appunti di viaggio, comincia a «pedalare» verso mondi lontani, supportato dalle opere di Kristjana S Williams, che è capace di fondere realtà e fantasia, permettendo all’osservatore di rompere con il razionale e stimolare la creatività. Le sue opere sono una fucina di idee, che ben rendono il sentimento e la sopraffazione che deve aver abitato i viaggiatori ottocenteschi a cui è dedicata la sezione centrale.
L’intuizione di questa mostra nasce dal ritrovamento di un fondo della Biblioteca: la collezione del diplomatico Cesare Poma (1862-1932), in particolare il rinvenimento di un periodico, En route, opera pubblicata da due giornalisti francesi – Lucien Leroy e Henri Papillaud – per raccontare il giro del mondo fatto tra il 1895 e il 1897. A partire da queste affascinanti testimonianze si apre uno scenario ai più sconosciuto: le imprese che anche le donne, in epoca vittoriana, hanno compiuto per portare a termine la stessa avventura. A questo tema si è dedicata Maria Grazia Chiuri, in collaborazione con Karishma Swali, con opere tessili, realizzate per raccontare, ad esempio, le vicende di Annie Cohen o Nellie Bly. Nel parallelismo offerto del modo di viaggiare degli uomini e delle donne ben risalta il soffocamento, la frustrazione, nonché il coraggio delle seconde che, con fatica, raggiungono ciò che c’è di «bello» nel mondo.
Tutti coloro che partono, cercano qualcosa. C’è una domanda che nasce nel profondo. La curiosità ottocentesca di conoscere il globo per intero, di percorrerlo per sentirsi capaci di contenerlo sottolinea l’importanza del ritorno al punto di partenza, lì dove ci si ricongiunge con ciò che ha dato l’impulso a partire. Così il punto di ritorno è il punto di ritrovo, del riconoscimento di Ulisse con i suoi cari, il cui incontro fa sciogliere le ginocchia e il cuore, dove si ritorna travisati, trasformati, ma incredibilmente veri. È questa la dinamica del pellegrinaggio. Il cammino, infatti, non si arresta alla Porta Santa: la si raggiunge, si tra-passa e si va oltre di essa, per poi ritornare da dove tutto è partito, riscoprendosi nuovi, trasfigurati. Questo è il Giubileo della Speranza, che è anche la Speranza di ritrovare sempre la via, la casa, la porta aperta, di una mente che supera i limiti del corpo e di un cuore che sia accogliente, anche nel dolore.
Una parola che ben sintetizza questa Esposizione è «sorpresa». La proposta è eterogenea, dalla varietà dei protagonisti, del materiale documentale e artistico presentato all’unicità del luogo. Il fruitore quasi non sa cosa aspettarsi. Ma, grazie al modo accattivante con cui si è accompagnati tra le opere, ci si sente immersi e coinvolti. Anzi, al visitatore vengono consegnati interrogativi importanti su cui riflettere. A conclusione del percorso, infatti, si supera il tema del viaggio, attraversando le zone d’ombra delle coscienze, il limite che sussiste tra ciò che è in procinto di nascere e la cristallizzazione della tradizione. Le riflessioni che scaturiscono legano contenuto e contenitore: ciò che si espone è frutto di un’intelligenza che si forma anche nelle biblioteche, sedi del linguaggio e custodi di memoria.
Queste domande trovano spazio di meditazione nell’ultimo luogo della mostra, il Salone Sistino, con la Mappa di Boetti, ma soprattutto con l’intera decorazione dell’ambiente in cui l’uomo e la sapienza si riscoprono intimamente legati. Il viaggio non pretende di ritrovare con esso delle risposte; la sua compiutezza risiede piuttosto nella possibilità di cambiare e, forse, di porsi nuovi interrogativi. Così, questa mostra fa viaggiare, fa riflettere, stupisce e scuote, nella complessità come nell’essenzialità.