
Dopo il volume dedicato agli scritti essenziali di sant’Ignazio di Loyola e dei primi compagni fino a Ribadeneira[1], a cura del Grupo de espiritualidad ignaciana – formato da cinque gesuiti: quattro spagnoli e un italiano[2] –, gli stessi autori si sono avventurati nel compito enorme di creare un’antologia analoga riguardante i gesuiti operanti nel XX secolo[3]. La suddivisione degli autori presi in esame comprende, dopo quelli che sono stati i Superiori generali della Compagnia di Gesù, quelli che si sono distinti come esperti di spiritualità ignaziana, poi i docenti e i formatori, i teologi e i filosofi, quanti si sono impegnati in un’attività di inculturazione, e infine i testimoni. Con tutti costoro si giunge a un numero complessivo di 77, che arriva a 83, in quanto vengono prese in considerazione anche sei Congregazioni Generali (CG), dalla 31a alla 36a. Dei singoli gesuiti si offre un’antologia degli scritti (spesso poco più che citazioni), preceduta da una loro breve biografia, da un elenco dei loro scritti e da una bibliografia, ancora più essenziale, di quanto si è scritto su di loro. Il volume si conclude con l’elenco degli autori trattati, divisi per nazionalità, l’indice dei nomi, quello delle parole chiave e l’indice generale.
I Superiori generali
Iniziamo citando i Superiori generali ricordati nel testo: Włodzimierz Ledóchowski (1866-1942), Jean-Baptiste Janssens (1889-1964), Pedro Arrupe Gondra (1907-1991), Peter-Hans Kolvenbach (1928-2016), Adolfo Nicolás Pachón (1936-2020). Consapevoli di fare, qui e in seguito, del torto alla maggior parte di questi gesuiti, operiamo una scelta preferenziale per quelli nei confronti dei quali sentiamo ancora oggi una sorta di contatto, per un aiuto spirituale e culturale che abbiamo ricevuto da loro.
P. Arrupe, del quale il 14 novembre 2024 si è chiusa a Roma la fase diocesana del processo di beatificazione, era già talmente eminente dopo gli studi di medicina non completati che i superiori gli permisero di partecipare a un importante congresso internazionale; un suo compagno di Università, Severo Ochoa, che meritò il premio Nobel nel 1939 proprio per la medicina, lo stimava più di sé stesso. Una collina lo protesse dall’esplosione della bomba atomica a Hiroshima, ed egli ebbe sempre un attaccamento speciale al Giappone e all’Oriente. Come successore di sant’Ignazio, dovette affrontare situazioni di grandi cambiamenti nella Chiesa e nella vita religiosa e, anche quando la situazione sembrava sfuggirgli di mano, seppe dare una grande testimonianza di fede e di buon senso. Tra
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