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Chiesa e spiritualità

«L’uomo vuole lodarti»

Commento spirituale al prologo delle «Confessioni» di sant’Agostino

Enrico Cattaneo

5 Febbraio 2000

Quaderno 3591

Le Confessioni di sant’Agostino1 si aprono con un prologo (I 1-5), che potrebbe essere considerato una sorta di «principio e fondamento», per usare il linguaggio degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola2. Cercheremo di rileggere questo testo agostiniano proprio alla luce del testo ignaziano, non per trovarvi corrispondenze forzate, ma per farne un commento spirituale, cioè nella prospettiva dell’esperienza di Dio proposta dall’itinerario degli Esercizi3.

Creato per la lode

Agostino inizia con alcune espressioni tratte dai Salmi, che inneggiano alla grandezza e alla sapienza di Dio: «Tu sei grande, Signore, e molto degno di lode (cfr Sal 47[48],2; 95[96],4; 144[145],3); grande è la tua potenza, e la tua sapienza non si può misurare (cfr Sal 146[147],5)». Mentre però il testo biblico usa la terza persona singolare («Grande è il Signore...»), Agostino pone la seconda, dove risuona il «tu» del dialogo e della preghiera. Siamo già introdotti in un clima orante, che sarà quello di tutte le Confessioni. Dio non è qui l’«essere immutabile» della speculazione astratta, ma il partner della lode dell’uomo, una lode che prende l’avvio dalla parola stessa di Dio.

L’uomo dunque sente in sé questa volontà di dare lode a Dio («l’uomo vuole lodarti»). Ma chi è l’uomo? «Una piccola parte della tua creazione, l’uomo, che porta con sé il suo destino di morte, che porta con sé la testimonianza del suo peccato e la testimonianza che tu ti opponi ai superbi (superbis resistis)» (I 1, 1). Agostino non si sofferma su una definizione filosofica dell’uomo, ma va diritto alla sua condizione esistenziale e teologale: davanti a se stesso, l’uomo non è che una piccolissima parte della creazione e un essere segnato dal proprio destino mortale; davanti a Dio, l’uomo è in una situazione di peccato, che consiste essenzialmente in una presuntuosa superbia, in quell’autoesaltazione che blocca la comunicazione della grazia divina (allusione a 1 Pt 5,5 e Gc 4,6: «Dio si oppone ai superbi [superbis resistit], ma dà la sua grazia agli umili»)4.

E tuttavia l’inclinazione sterile all’autoesaltazione non può cancellare il progetto originario di Dio, iscritto nell’essere stesso creaturale dell’uomo: un progetto che è essenzialmente apertura all’Altro, gioia di lodare l’Altro, di sapersi creato per l’Altro: «E tuttavia l’uomo, piccola parte della tua creazione, vuole lodarti. Tu lo risvegli (excitas)5, perché egli trovi la sua gioia nel lodarti. Sì, ci hai fatti per te, e il nostro cuore è

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«L’uomo vuole lodarti»

Enrico Cattaneo

Professore emerito di Patristica (Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli e Pontificio Istituto Orientale di Roma).


5 Febbraio 2000

Quaderno 3591

  • pag. 240 - 249
  • Anno 2000
  • Volume I

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Esercizi spirituali Filosofia

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