Leone XIV, fra i motivi della scelta del nome, ha fatto riferimento all’enciclica Rerum novarum del suo predecessore Leone XIII, ciò che naturalmente ha ridestato grande attenzione su quella famosa enciclica e sul suo significato storico. In tale contesto, abbiamo pensato a questa breve nota, non certo per dare un nuovo contributo sull’importanza e i contenuti ben conosciuti di quel documento fondamentale del magistero sociale della Chiesa, quanto per ricordare con gratitudine una circostanza meno conosciuta, cioè che per la sua formulazione papa Leone XIII ricorse alla collaborazione di uno dei gesuiti fondatori e scrittori de La Civiltà Cattolica, p. Matteo Liberatore. Questo ci induce a rinnovare l’auspicio che, pur in tempi e situazioni assai cambiati, questa rivista possa continuare a fare un buon servizio anche a papa Leone XIV, come ha cercato di fare ai suoi predecessori.
Mons. Tardini e la «Rerum novarum»
Pochi giorni dopo il 50° anniversario della grande enciclica – caduto il 15 maggio del 1941 –, il 1° giugno, nel giorno di Pentecoste, Pio XII tenne uno dei suoi famosi radiomessaggi, ricordando al mondo sconvolto dalla guerra l’insegnamento sociale della Chiesa e la grande figura di Leone XIII[1]. Mons. Domenico Tardini, allora Segretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari, ma da sempre attento e molto attivo nel promuovere l’impegno sociale e politico del laicato cattolico, ne fu profondamente colpito, tanto da sentirsi spinto ad approfondire lo studio dell’origine della Rerum novarum, compiendo anche personalmente ricerche negli archivi vaticani. Ma, alla fine della guerra, i numerosi impegni del servizio alla Santa Sede gli impedirono di portare avanti il suo progetto. Tuttavia nel 1948 egli ne parlò a mons. Giuseppe De Luca, uno degli ecclesiastici più autorevoli nel mondo della cultura italiana, il quale si convinse del valore delle ricerche avviate e propose a uno studioso di sua conoscenza, mons. Giovanni Antonazzi, già noto per pubblicazioni di indole storica, di continuare il lavoro.
Il lavoro fu lungo, accurato e paziente. Nel 1957, le prestigiose Edizioni di Storia e Letteratura pubblicarono infine uno splendido volume di grande formato, L’Enciclica «Rerum novarum». Testo autentico e redazioni preparatorie dai documenti originali[2], curato appunto da mons. Antonazzi, con una prefazione di mons. Tardini e un breve testo introduttivo di mons. De Luca. Di quest’ultimo vale la pena ricordare le prime parole: «Rare volte, sulla soglia di queste Edizioni, mi è accaduto di provare tanta commozione nel congedarmi da un
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