|
Signor Presidente, grazie per averci ricevuti.
Il 21 maggio 2015 Lei venne a trovarci nella nostra casa. Ricordiamo quel momento con affetto e gratitudine. Ci ha poi accolti qui al Quirinale il 16 febbraio 2017 per celebrare la pubblicazione del numero 4.000 della Civiltà Cattolica con una conversazione ampia e profonda. Mi permetta di esprimerle ancora una volta adesso il nostro affetto nella piena consapevolezza dell’importanza e della delicatezza del suo ruolo istituzionale.
Le siamo affezionati per la sua storia personale e il suo legame con la rivista che Lei conosce da molto tempo.
E le siamo affezionati anche perché Lei per noi rappresenta l’Italia, il nostro amato Paese. In particolare, sentiamo profonda gratitudine per la Sua energica difesa della Costituzione.
La Civiltà Cattolica compie 170 anni. Il primo fascicolo fu stampato a Napoli il 6 aprile 1850. L’impegno fu rilevante e furono destinati alla rivista i migliori pensatori gesuiti italiani di quel tempo. Oggi facciamo il possibile. Siamo quelli che vede qui in questa sala…
Sebbene nel 1850 la sede fosse Napoli, i gesuiti della rivista aspiravano a essere considerati «indigeni e naturali» – così scrivevano – in tutte le altre città. Questa parole indicano una chiara tensione «internazionale», capace di scavalcare le frontiere degli Stati.
Oggi la rivista che le consegniamo viene pubblicata in italiano, ma anche in inglese, francese, cinese e coreano. Il gruppo degli scrittori include anche «corrispondenti» da tutto il mondo. La Civiltà Cattolica vuole essere internazionale, ma «da Roma», da questa città così peculiare e unica. Aspira a diffondere il senso di una universalità che non è riducibile alla globalizzazione. Da Roma la nostra rivista assume quelle particolari «ispirazioni» che poi «fecondarono l’Italia e il mondo».
Il Pontefice, inviandoci un messaggio chirografo per il nostro anniversario, ha affermato che «si sentono salire dalle pagine le voci di tante frontiere che si ascoltano». E la pandemia ci conferma in maniera paradossale che il mondo è unito e che le barriere sono di cartapesta. Le frontiere portano voci che devono ascoltarsi reciprocamente.
Le sfide che abbiamo davanti sono tante. Lo stesso Pontefice, nel suo chirografo, ci ha spronati così: «fate discernimento sui linguaggi, combattendo l’odio, la meschinità e il pregiudizio». Il nostro giornalismo combatte le parole d’odio. Le parole non sono pietre da scagliare.
Ed escludiamo ogni pretesa che una “civiltà cattolica” possa costruirsi noncurante della pluralità delle idee. Escludiamo pure la pretesa che i cattolici possano e debbano costruire la “civiltà” da soli, senza il contributo di chi porta valori diversi ma validi perché umani.
Nella conversazione avuta con Lei nel 2017, ci ha insegnato che l’Italia è piena di energie positive e di tante persone che si impegnano con consapevolezza per il bene comune. Le assicuriamo che intendiamo essere tra queste, pur con tutti i nostri limiti.
Vogliamo tenere alta la comune sensibilità democratica e restare fedeli ai principi che ispirano la nostra convivenza, contribuendo alla vita del nostro Paese e a mantenerne solido il tessuto culturale. Grazie per averci ricevuti quest’oggi!