La proclamazione di san John Henry Newman a dottore della Chiesa, fatta da papa Leone XIV in occasione del Giubileo del mondo educativo il 1° novembre 2025, è stata colta da molti come l’opportunità per riflettere su di lui e sul suo pensiero. Da testi sui blog, da articoli di riviste e giornali e da relazioni di convegni accademici sono pervenuti tanti omaggi a colui che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2010 e papa Francesco ha canonizzato nel 2019[1]. Dobbiamo rallegrarci di questa sua ascesa folgorante nel cursus honorum a opera di tre Pontefici successivi, così come deve rallegrarci la sua proclamazione a «co-patrono, insieme a San Tommaso d’Aquino, di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo»[2]. Ciò nonostante, la notevole diversità – per non dire la palese contraddittorietà – delle opinioni espresse da molti su di lui è evidente. Parlano di lui anglicani e cattolici – convertiti o cattolici di nascita –, chierici e laici, teologi e giornalisti, conservatori e liberali, tradizionalisti e progressisti, in ogni modo più negli ambienti intellettuali che del cattolicesimo popolare: è ovvio che la sua figura e il suo pensiero colpiscono favorevolmente un ampio ventaglio di cristiani colti.
In tutta questa diversità, ci preme segnalare che, nel voler tirare troppo l’acqua al proprio mulino, tutti rischiamo di indebolire il dottorato, e soprattutto l’insegnamento, del santo cardinale inglese. Ciò è tanto più vero perché, mentre egli scrisse di sé stesso (non senza autoironia): «Sono un controversista, non un teologo»[3], è noto quanto sia fondamentalmente equilibrata la sua teologia, protesa in nuce a respingere complessivamente i pericoli contrastanti e contestuali del razionalismo, del sentimentalismo e del liberalismo[4]. Una fonte di discordia è il fatto che spesso Newman viene citato in modo selettivo. Ebbene, come scrisse il teologo statunitense Avery Dulles: «Non si può studiare Newman tramite stralci, ma solo cogliendo la gamma intera del suo pensiero»[5]. Non si tratta dunque qui per noi di aggiungere un’altra voce discordante alla disputa in corso, bensì di proporre con rispetto una visione che si vuole «cattolica» in senso proprio, ossia «secondo il tutto».
Molti e legittimi sono gli approcci possibili per accostarsi al nuovo dottore e al suo pensiero. In queste poche pagine, noi vorremmo mostrare che la categoria di «fedeltà creatrice» coniata dal filosofo francese Gabriel Marcel è uno di tali approcci, che in questo caso spicca fra
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