Con l’accettazione, da parte di Israele e di Hamas, del piano di pace proposto dal presidente Trump e con l’entrata in vigore di un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e la scarcerazione di quasi 2.000 carcerati palestinesi, nonché il parziale arretramento dell’esercito israeliano, la guerra a Gaza sperimenta una tregua, nonostante le questioni da affrontare siano ancora tante e gli steps da superare molteplici.
Prima della tregua, però, è stata condotta una dura campagna militare: una città con quasi un milione di abitanti, Gaza City, è stata rasa al suolo dall’esercito israeliano e i suoi abitanti sono stati costretti ad abbandonarla. In questo articolo tratteremo della lenta agonia di Gaza, del piano di pace e delle molte questioni ancora da affrontare.
Operazione a passo lento
L’invasione di Gaza City da parte di Israele era iniziata la notte del 15 settembre. Sotto la copertura di attacchi aerei e fuoco di artiglieria – 20 raid aerei in meno di 40 minuti[1] –, due divisioni erano entrate nella parte interna della città: la 98a, detta «Divisione di fuoco», formata da paracadutisti e incursori, specialisti degli scontri urbani, e la 162a, detta «Divisione di acciaio», munita di tank e mezzi blindati[2].
L’obiettivo principale dell’attacco – spiegava il ministro della Difesa israeliano Katz – era eliminare l’unica brigata superstite di Hamas, con la convinzione di azzerarla definitivamente e ottenere la liberazione degli ostaggi: «Vogliamo prendere il controllo di Gaza City perché oggi è il simbolo principale della capacità di governare di Hamas. Se cadrà, anche loro cadranno»[3]. Si pensava che i miliziani asserragliati nella città fossero al massimo 2.500. Essi contavano sulla conoscenza del territorio e su una rete di cunicoli ancora intatti.
Si parlava di un’operazione «a passo lento», e ciò per due motivi principali[4]. Il primo era che la priorità, come ha detto il generale Eran Ortal, erano gli ostaggi; quindi muoversi lentamente dava maggiore possibilità di evitare errori. Il secondo motivo era la messa in sicurezza delle forze militari. In altre fasi della guerra di Gaza l’esercito aveva voluto procedere velocemente, ma questa volta la «lentezza» era necessaria, perché non si voleva soltanto occupare la città, ma anche sgomberarla completamente della presenza di Hamas. Ciò non era semplice e necessitava di strategie di attacco organizzate sul terreno.
Anche il generale Eyal Zamir, capo dell’operazione, nel gabinetto di sicurezza israeliano ha parlato di un’«invasione graduale». Si pensava che la
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