In occasione dell’apertura dell’ottantesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali della Santa Sede, ha rivolto all’Assemblea un discorso sulla missione delle Nazioni Unite a ottant’anni dalla loro fondazione[1].
Sottolineando «l’importanza che continua ad avere la cooperazione multilaterale nell’affrontare le questioni globali», ha richiamato l’attenzione dell’Assemblea sia sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, sia sui «pilastri fondanti di pace, giustizia e verità» enunciati da papa Leone XIV, il 16 maggio 2025, nel discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Fra le molte sfide poste dalla contemporaneità a questa cooperazione multilaterale, ha messo in risalto i «centri truffa» (scam centers, in inglese) del Sud-est asiatico. Queste strutture, gestite dal crimine organizzato, sono operazioni sofisticate in cui la tratta di esseri umani fornisce manodopera forzata per la commissione di reati informatici su larga scala. I centri truffa danneggiano non solo le vittime ingannate e convinte a inviare denaro, ma anche le persone costrette a lavorare al servizio delle organizzazioni criminali.
Essi costituiscono dunque gravi violazioni della dignità delle persone coinvolte e serie minacce allo Stato di diritto e alla credibilità dei governi. Operano, infatti, in aree caratterizzate da debole presenza statale, spesso lungo le frontiere o in regioni contese del Sud-est asiatico. Per questo meritano particolare attenzione da parte delle organizzazioni chiamate a promuovere relazioni multilaterali sane fra gli Stati, in primo luogo le Nazioni Unite e l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean).
I centri truffa: una nuova forma di schiavitù
I centri truffa sono una forma di criminalità organizzata che non si può descrivere con precisione. La loro storia aiuta a comprendere che cosa siano stati e che cosa potrebbero diventare in assenza di una concreta ed effettiva cooperazione fra le comunità colpite.
La loro nascita e la loro evoluzione sono state fortemente influenzate dalla pandemia di Covid-19. Molti erano sorti come centri dedicati al gioco d’azzardo, spesso situati in zone dove il controllo dello Stato era relativamente debole. Erano legati al crimine organizzato, che traeva profitto sia dai guadagni dei casinò sia dalle opportunità di riciclaggio. Quando la pandemia ha reso impossibili o difficoltose le attività in presenza, i sindacati criminali che li gestivano ne hanno aggiornato la funzione, orientandosi verso la frode informatica[2]. Questa trasformazione rivela quanto sia mutevole e adattiva la natura di tali organizzazioni e la possibilità
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