
Cinque secoli fa, nel 1524-1525, Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero, nel turbine delle vicende della Riforma, ebbero un acceso confronto su «la libertà del cristiano». Le loro opere Il libero arbitrio e Il servo arbitrio fecero scalpore e segnarono la rottura tra l’umanesimo cristiano e lo spirito della Riforma: trattavano infatti il problema della salvezza, se potesse farsi risalire anche a una libera decisione dell’uomo[1].
Nel 1520, Lutero aveva pubblicato una delle tre opere cardine della Riforma, La libertà del cristiano, che è il preludio al Servo arbitrio. Già all’inizio del libro, un’osservazione fondamentale: non si può dissertare della fede se questa non è messa alla prova dalle tribolazioni, cioè la virtù non si intende se non la si pratica[2]. Se ne può parlare solo per esperienza personale, non per sentito dire. Così è della libertà del cristiano. Per definirla Lutero stabilisce due proposizioni: «1) Il cristiano è signore di tutte le cose, assolutamente libero, non sottoposto ad alcuno. 2) Il cristiano è servo zelantissimo in tutte le cose, sottoposto a tutti»[3]. È l’Evangelo che lo rende libero; poiché Gesù, «Signore di tutti […] è libero e al tempo stesso servo»[4], il suo servizio al prossimo è qualificato dall’amore, in totale gratuità, senza alcun interesse. Le affermazioni sono anche confermate dall’apostolo Paolo: «Pur essendo libero da tutti, mi son fatto servo di tutti»[5].
Una stima reciproca
Erasmo e Lutero non si conobbero mai personalmente, ma si stimavano a vicenda. Almeno fino alle pubblicazioni di Lutero del 1520, Erasmo riconosceva in lui un buon predicatore e un eccellente teologo, anche se la propria posizione nei suoi confronti non era chiara: da un lato negava di essere precursore di Lutero, dall’altro sembrava compiacersi che quanto proclamava il riformatore egli lo aveva già detto; tuttavia, non condivideva il modo con cui si esprimeva e lo qualificava un’«ostinazione dogmatica»[6]. Quando da più parti gli era stato richiesto di scrivere contro Lutero, si era sempre rifiutato.
Dal canto suo, il riformatore aveva grande considerazione del Nuovo Testamento di Erasmo, che si può definire la prima edizione critica ante litteram del testo greco: l’aveva utilizzato nel 1516 per commentare a Wittenberg la Lettera ai Romani e poi, nel 1521, per tradurre in volgare il Nuovo Testamento, che ebbe un ruolo notevole nella formazione della lingua tedesca.
Nel 1516, mediante Spalatino, cappellano e segretario del principe elettore Federico il
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