
Nel 2025 la Chiesa celebra i sessant’anni dal Concilio Vaticano II e dalla dichiarazione sulle sue relazioni con le religioni non cristiane Nostra aetate. Se fino a quel momento i non cristiani erano stati considerati smarriti nella superstizione e nell’ignoranza, Nostra aetate segnò l’inizio di un approccio che promuoveva il dialogo permanente come parte integrante della testimonianza cattolica alla verità della fede cristiana. L’elaborazione del documento porta l’impronta dell’incontro tra il gesuita tedesco Augustin Bea, nominato dal Papa presidente del Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, e Massimo IV Saigh, patriarca di Antiochia dei Melchiti. Il dialogo contemporaneo tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico conserva il segno delle prospettive da loro elaborate nel momento in cui la Chiesa cominciava a formulare una posizione che affermasse sia il dialogo con gli ebrei sia la consapevolezza della tragica sorte dei palestinesi.
Origini
La dichiarazione Nostra aetate nacque nel contesto successivo alla Shoah, cioè al tentativo, da parte della Germania nazista, di annientare gli ebrei in Europa durante la Seconda guerra mondiale. Dopo la guerra, la Chiesa dovette cominciare a confrontarsi con la dolorosa questione di quanto il tradizionale discorso cristiano sul popolo ebraico potesse aver contribuito al prendere piede dell’antisemitismo contemporaneo. Il 28 ottobre 1958 Angelo Roncalli divenne papa Giovanni XXIII. Roncalli aveva trascorso gli anni precedenti e quelli della Seconda guerra mondiale in Bulgaria, Grecia, Turchia e Francia come rappresentante diplomatico della Santa Sede. Era pienamente consapevole di quanto stava accadendo agli ebrei, e gli si attribuisce il merito di averne salvati migliaia.
Inizialmente, egli non intendeva portare la questione del popolo ebraico all’attenzione del Concilio che stava progettando e che avrebbe cambiato il volto della Chiesa nel mondo moderno. L’idea di un documento sugli ebrei entrò nella mente del Papa durante un’udienza privata del 13 giugno 1960. Quel giorno, poco dopo aver nominato Augustin Bea presidente del Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, egli incontrò lo storico ed educatore ebreo francese Jules Isaac, il quale gli consegnò quanto aveva scritto sull’insegnamento cristiano del disprezzo nei confronti del popolo ebraico. Più tardi, Isaac commentò: «Più volte durante il mio breve discorso egli mostrò comprensione e simpatia. […] Chiedo se posso portare via con me un po’ di speranza. Egli esclama: “Hai diritto a più che una speranza!”»[1].
Il Papa inviò Isaac da Bea, biblista anticotestamentario e suo consigliere di fiducia, e nel settembre del 1960 quest’ultimo ricevette l’incarico di
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