Cosa può accadere quando ci ritroviamo in territori dell’esistenza particolarmente ostili come nel caso del dolore o della sofferenza? Con Sucederá la flor, Jesús Montiel (Granada, 1984) ci fa compagni di viaggio di un’esperienza brutale e inaspettata quale è la scoperta della grave malattia di un figlio nei suoi primissimi anni. Un viaggio che, tuttavia, ha misteriosamente in serbo un dono: quel dolore, infatti, si rivela un accesso imprevedibile e inaspettato all’essenzialità delle cose.
Nella nuova prospettiva della malattia, risorse intellettuali e valutazioni razionali appaiono del tutto insufficienti. «Ho conosciuto molti uomini che sanno parlare diverse lingue o scrivere saggi eruditi su qualsiasi tema difficile», scrive Montiel. Ma nel momento della prova «tutto il loro sapere cede come una sporta di plastica che contiene un peso più grande di quanto possa reggere. Camminavano fischiettando e improvvisamente osservano i loro progetti sparsi sul pavimento, mentre hanno ancora nelle mani le impugnature rotte, senza più traccia delle antiche sicurezze».
Sarà la relazione con il figlio, una vera e propria cura reciproca, ad aprirgli gli occhi sull’essenziale, a smascherare gli inganni di una società ossessionata dal controllo e dalle false sicurezze, che sembra aver smarrito le vie di accesso a dimensioni di senso più profonde. Come le persone che visitano il piccolo, «un ammalato che mangia, urina, dorme, parla, nulla più», e che «non sopportano la visione di una vita completamente nuda. Per questo se ne vanno in fretta e tornano a riempire le esistenze delle loro questioni».
Montiel fa l’esperienza di una relazione con il dolore trasformante, capace di donare uno sguardo nuovo sulla realtà: «Il dolore o lo si abbraccia oppure no. Non mi riferisco al rassegnarsi ad esso, ma al nutrirsi della sua oscurità come uno sciroppo che può curare». Sorprendentemente, «nel dolore e grazie all’esperienza del dolore, mi ritrovo con motivi per cui gioire. Il dolore mi ha donato la facoltà di cantare». È un’esperienza paradossale di guarigione, come la sua prosa, di scoperta dello straordinario nel quotidiano, di trasfigurazione della realtà più dura fino a toccare l’essenziale, «il tesoro dell’adesso».