La Biennale 2024 di Venezia, Esposizione Internazionale d’Arte, a cura di Adriano Pedrosa, dal titolo Stranieri ovunque, ospita l’artista di origine bosniaca Safet Zec con Atelier d’artista, in cui riformula il suo luogo di lavoro attraverso alcune opere che hanno contrassegnato i momenti più alti della sua produzione. Come egli afferma: «In questo spazio dove ho cercato di ricreare l’atmosfera lavorativa, intima e personale, ma da sempre aperta agli incontri, del mio studio, che per decenni è stato a San Francesco della Vigna, spero si possa cogliere in modo tangibile il mestiere della Pittura, che è il mio mestiere».
Uno dei temi che Safet Zec, esponente del movimento artistico chiamato «Realismo poetico», continua a rileggere è quello della fuga, che egli stesso ha sperimentato nel 1982 durante il conflitto jugoslavo, rifugiandosi in Italia, prima a Udine e poi a Venezia.
Una delle sue ultime composizioni è Donna o Madre con bambino, del 2024, in tempera, acrilico e collage su carta e tela (220 × 330 cm). Su una base costituita da fogli di giornale, increspati, che rendono l’idea della carta straccia, come spesso è il tema rappresentato per le società contemporanee, viene dipinta una donna che sta fuggendo e che tiene tra le sue braccia il figlio. I suoi capelli, castano scuro, sono dipinti quasi di fretta, con pennellate essenziali, mentre lo sguardo, rivolto verso il basso, osserva con drammaticità il piccolo, che è avvolto in un lenzuolo. I colori sono pochi ed essenziali, come la fretta della fuga: l’ocra della carnagione della donna e del suo manto, il bianco del panneggio delle vesti e del telo del bimbo, il rosso che tinge i polsi e macchia le vesti, cadendo e impregnando la terra. Solo l’azzurro della scarpetta del bambino, che fuoriesce dai teli, richiama alla vitalità e ai colori della spensieratezza che ogni fanciullo dovrebbe avere. La sacralità della vita è tutta concentrata nelle mani grandi che stringono il corpicino in fasce. Sono mani capaci di difendere fino all’ultimo, mani che sanguinano di vita che viene continuamente violata dalla brutalità della guerra.
Attorno al dipinto, quasi una cornice, sono affissi ritagli di giornale con le tante immagini di fughe con i propri figli, vere e proprie deposizioni, drammaticamente attuali: «Ho sempre vissuto l’arte – dice Zec – come una religione, con totale dedizione. Ho sempre avuto una fede cieca nel valore dell’arte e nei valori che solo l’opera dell’artista arriva a trasmettere attraverso un linguaggio senza barriere».