
Resta ancora tanto da dire è l’ultima conferenza tenuta dallo scrittore Amos Oz il 3 giugno del 2018 all’Università di Tel Aviv. Rimane un discorso appassionato e appassionante sulla delicata e complessa relazione tra Israele e la Palestina. Il sottotitolo di questo libro, edito da Feltrinelli (2023), è «L’ultima lezione». Esso è, possiamo dire, il testamento umano dello scrittore, che sin dal romanzo Una storia di amore e di tenebra (2002) ha raccontato le dolorose vicende di Israele vissute in prima persona dalla propria famiglia.
Attraverso questo discorso, con un andamento narrativo e personale, Oz, auspicando una soluzione dei conflitti con la creazione di due Stati, mette in chiaro una situazione ben definita: «Fra noi e i palestinesi c’è da più di cent’anni una ferita aperta, anzi c’è una ferita infetta […]. Non si cura una ferita con un bastone […]. Non è ammissibile continuare a infierire in questo modo su una ferita aperta, sperando che così si rimargini, che la smetta di sanguinare».

Lo scrittore evidenzia, senza giri di parole, una situazione compresa da tutti, ma che è tanto difficile da ammettere da entrambe le parti politiche, che hanno sempre rivendicato piuttosto i torti subiti; una situazione che ha sempre suscitato polarizzazioni internazionali, come l’autore stesso afferma con una domanda: «Perché la faida fra noi e i palestinesi è così complicata, perché fa uscire di testa persone solitamente ragionevoli, tanto qui da noi quanto nel resto del mondo?».
Oz critica aspramente l’idea del «ritornismo», ossia la volontà di ricostruire nello spazio ciò che è stato – «Quel che hai perso non provare a cercarlo nello spazio […]. Se vuoi il Tempio, scrivi una poesia» –, spiegando che la memoria per una storia che c’è stata deve essere attualizzata in una maniera differente, perché ormai le condizioni storiche, sociali e politiche sono completamente cambiate.
Oz auspica infine che ci possa essere un ideale che entri nel cuore di chi è più sensibile, affinché si possa iniziare un processo urgente e veramente umano per sanare queste profonde ferite: «Lo sapete in cuor vostro, è da tempo che non ci mettete più piede, lo sapete che non fanno parte della patria, lo sapete che si può vivere benissimo senza quei territori. Su, dai, facciamolo. Sarà difficile, complicato, doloroso, ma facciamolo e chiudiamo la faccenda una volta per tutte». Parole profetiche, ancor più in questi tempi.