Past Lives nella sua trama è una storia molto semplice di due amici, che diventa unica nel momento in cui riesce a comunicare un sentimento estremamente complicato, che sta tra il rimpianto, l’amore, il desiderio di aver vissuto anche un’altra vita e quella strana sensazione data dal desiderare qualcosa che sappiamo essere impossibile avere. Non è facile da descrivere a parole questa sensazione che, invece, Past Lives (Usa, 2023) rende chiarissima, comunicandola attraverso le luci, il montaggio, la narrazione e la recitazione. E questo ci sorprende e ci colpisce, specie se si considera che Celine Song, la regista e sceneggiatrice, è al suo primo film.
Nel film si fa più volte riferimento al concetto di in-yeon (connessione, legame), secondo cui tutto è collegato e gli incontri nella nostra vita trovano origine e predestinazione nelle nostre vite passate. E infatti Past Lives non è un film come Sliding Doors: nessun universo parallelo o scenario alternativo. È un film sulla permanenza e sulle scelte, sulla predestinazione contrapposta all’accidentalità, un film di identità geografiche e culturali, di distanze incolmabili e improvvise vicinanze. Di agenti di crisi e atti di fede. Perché l’amore questo è. Ed è anche un film di luoghi, soprattutto New York, che Song riesce a filmare come fossero parte integrante della storia e dell’identità dei suoi personaggi. Alla regista ciò che preme è il confronto quotidiano con chi si è scelto di diventare, una decisione che porta inevitabilmente con sé una rinuncia. E ancora, la fiducia nel divenire e l’accettazione del cambiamento come passaggio necessario al compimento di un’esistenza, di un amore. Nonostante i dubbi, le incertezze, i ripensamenti. Senza rimorsi o rimpianti.
Il romanticismo del film si sintetizza in una battuta che, non a caso, esprime tutta l’ineluttabilità del non prendersi dei due protagonisti attraverso un analitico sillogismo: «La ragione per cui mi piaci è che tu sei tu. Tu sei una che se ne va. Te ne devi andare perché tu sei tu». Perché è proprio nel perfetto equilibrio tra queste due dimensioni – il guardare questa storia dall’interno (il sentimento perennemente frustrato) e dall’esterno (il potenziale letterario insito nella dinamica relazionale) –, nell’eleganza con cui Song riesce a insinuarsi nell’interstizio che si apre tra intellettualismo e naturalismo, che risiede la capacità di Past Lives di configurarsi come un film al contempo struggente e vertiginoso.