Con una veste letteraria densa e coinvolgente, giunge in Italia, edito da Einaudi, con la traduzione di Giampiero Massano, Nagori. La nostalgia della stagione che ci ha appena lasciato. L’autrice, Ryoko Sekiguchi, nata a Tokyo nel 1970, da alcuni anni vive e lavora a Parigi come scrittrice, poetessa e critica gastronomica. Il suo ambito di ricerca, come testimonia questo libro, si colloca all’incrocio di discipline e saperi come la cucina e la letteratura, sulle frontiere di culture e tradizioni come quella giapponese di origine e quella francese di adozione.
Il viaggio di Sekiguchi prende spunto dalla nozione di stagionalità e, attraverso un’analisi puntuale dei tempi e dei modi di raccolta e di degustazione di frutti e ortaggi, dal Giappone alla Francia, passando per l’Italia, accompagna il lettore nella scoperta progressiva del significato più profondo dell’idea stessa di stagione a partire da una sola parola: nagori. In una continua esplosione di sfumature linguistiche e concettuali, Sekiguchi lascia risuonare lungo le pagine del testo l’ampiezza del significato di nagori: in giapponese vuol dire, alla lettera, «traccia» e, in relazione alla stagionalità, esprime quel sapore che non tornerà più, il gusto di un frutto che è sul punto di scomparire non solo dal ciclo di produzione, ma anche dal palato e dalla memoria.
Nagori, perciò, è un’aura di nostalgia, labile ed effimera come le onde del mare contenute nella sua etimologia e come il sentimento stesso che annuncia: «In un piatto di nagori, mentre si instaura un legame con i prodotti della natura, entra in gioco qualcosa che non riguarda semplicemente il gusto. Ci troviamo di fronte alla stagione che ci dice addio o che noi stessi lasciamo, e gli andirivieni della memoria si depositano, come onde, ad ogni boccone». L’avventura sensoriale ed emotiva in cui ci accompagna Sekiguchi è un incontro tra livelli di realtà diversi, mediante il quale è possibile recuperare un nucleo di verità dell’esperienza umana, il senso del tempo.
La scrittrice ci regala una piccola grande storia, quella della millenaria relazione tra gli esseri umani e la Terra con i suoi frutti, storia di senso e di gioia, oltre che di produzione e di sostentamento, e che affascina il pensiero nella misura in cui quest’ultimo è interpellato dalla gratuità del tempo e dalla sua misteriosa signoria. È questa gratuità che, come ci insegna il senso di nagori, ricorda all’uomo della tecnica, proprio come l’atto di mangiare, l’origine della vita, e perciò anche il suo limite.