Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani è una raccolta di stralci di vita di ragazze afghane a cura delle giornaliste Lucia Capuzzi, Viviana Daloiso e Antonella Mariani (Milano, Avvenire e Vita e Pensiero, 2023).
Una data su tutte: 15 agosto 2021, quando i talebani entrano nuovamente a Kabul. Nei giorni successivi le truppe degli Stati Uniti cominciano a lasciare l’Afghanistan (impegno avviato dal presidente Trump e portato a termine dal presidente Biden) e in brevissimo tempo nelle città viene restaurato l’emirato, attraverso cui si comincia a cancellare il processo di autonomia e indipendenza delle donne cominciato nel ventennio in cui gli Stati Uniti, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, avevano occupato militarmente l’Afghanistan, cacciando i talebani: «Le donne sono state progressivamente e sistematicamente cancellate dal tessuto politico, economico e civile».
Così dice l’attivista Hamida: «Prima hanno intimato che studiassimo solo in casa e non lavorassimo più, poi hanno detto che il velo non bastava ed era obbligatorio il burqa, poi ci hanno impedito di andare nel bazar a fare la spesa, di passeggiare, di frequentare i centri sportivi e le piscine prima comunque riservate a noi, infine di essere felici». Ultimo atto di questa politica è stata la nota del 23 marzo 2022, con cui si informava che «tutte le scuole superiori femminili resteranno chiuse fino a nuovo ordine».
Zamira, artista afghana, che vede nel giro di breve tempo naufragare il suo sogno, dice: «L’impegno per studiare, formarci ed esprimere il nostro potenziale è stato vanificato in un attimo. È come se la linea del tempo si fosse rovesciata, e invece di portarci verso il futuro, ci avesse scaraventate in un passato di oscurantismo e privazione».
Le giornaliste, che hanno visto e vissuto in prima persona in queste zone, parlano di Kandahar come di una «città senza donne di una nazione senza donne». Non è solo una questione di genere, ma di rispetto per l’intera umanità: se non esiste il dialogo tra uomo e donna, come si può creare una società aperta e dignitosa che collabora per il bene comune? Senza scolarizzazione ed educazione, come può generarsi una crescita integrale? Come può evolversi la cultura se viene privata del pensiero femminile, che è opportunamente differente da quello maschile, per visione e per approccio? Quale futuro può avere una nazione che esclude da ogni ambito culturale la donna? Queste sono solo alcune domande che risaltano dalla lettura del volume, che è un mosaico di tanti squarci di vita a cui drammaticamente sono state tagliate le ali per volare e per sognare.