Il Sol dell’Avvenire è il nuovo film di Nanni Moretti, in cui assistiamo al ritorno del regista più puro e genuino, con una pellicola nostalgica che costituisce un atto d’amore per il cinema. Un film nel film, ricco di riferimenti meta-cinematografici, che risente dell’influenza del maestro Fellini, a partire dalle atmosfere circensi.
Il Sol dell’Avvenire potrebbe sembrare una commedia, ma in realtà lascia quell’amaro in bocca e una rassegnazione nostalgica tipica del dramma. Nella pellicola, un attore punta la pistola dritto alla fronte di un altro attore, inginocchiato davanti a lui. Moretti impazzisce, piomba sul set (non suo) e ferma tutto per otto ore, perché «la scena che stai girando fa male al cinema, a te che la giri e a noi che la guardiamo». Questa è una scena memorabile di un film «morettiano» fino al midollo.
Politico, ironico e sentimentale, Il Sol dell’Avvenire è una matrioska cinematografica, fatta di continue autocitazioni, che strizza l’occhio al pubblico con il chiaro intento di divertirlo. Ecco Giovanni, il protagonista-regista, contrariarsi per le scarpe sbagliate dell’attrice del suo film, come in Bianca, ma tutta la pellicola è un continuo rimandare a Sogni d’oro e Palombella rossa.
Una questione centrale che tormenta Moretti, legata alla coscienza politica, è la necessità di ricordare, contrapposta alle diverse forme di amnesia dell’eterno presente che ci domina: era ciò che il giornalista francese denunciava all’inizio di Aprile, e in Palombella rossa rappresentava la vera partita su cui si giocava l’esistenza angosciata di Michele Apicella.
Come quell’opera di struggente disperazione e straordinaria inventiva, anche Il Sol dell’Avvenire è tempestato in modo più sottile da inquietudini e propositi di suicidio. Silvio Orlando, che interpreta Ennio, dice che ha sempre desiderato dare il volto a un personaggio che la facesse finita: forse quel «sol dell’avvenire» lo si può vedere solo nel sogno-incubo della morte, come Apicella dopo essersi schiantato con l’automobile.
Il film è pieno di registri e linguaggi diversi, ed è un film-testamento sulla morte della politica, del cinema, dell’amore, della morale. Potente nel suo effetto nostalgia, esplode in un finale in cui sfilano in marcia, in via dei Fori Imperiali, non solo i personaggi di questo film, ma quelli di tutti i film di Moretti: da Giulia Lazzarin a Renato Carpentieri, da Jasmine Trinca ad Anna Bonaiuto, fino al regista stesso che saluta i suoi spettatori.