Nell’ebraismo statunitense degli anni Quaranta del secolo scorso, il libro racconta due modi diversi di vivere la relazione tra padre e figlio. Mentre è chiaro lo sfondo storico e geografico, Chaim Potok (1929-2002), che nel 1967 scrive The Chosen (Danny l’eletto, Milano, Garzanti, 2020), pare rifiutarsi intenzionalmente di menzionare le date di cui, comunque, racconta gli avvenimenti: questo dona alla narrazione un respiro universale e un orizzonte metastorico.
Reuven, o Robert, e suo padre sono ebrei osservanti moderni e vivono la relazione padre-figlio nel calore della comunicazione e degli affetti. Studiano insieme il Talmud, si confrontano sugli eventi storici, si prendono cura l’uno dell’altro. Daniel, o Danny, e suo padre, il rabbino Saunders, sono ebrei osservanti ortodossi e vivono la relazione padre-figlio in un alone di mistero: non si parlano al di fuori dello studio del Talmud, e perfino lì le loro discussioni sono farcite di errori volontari, che il padre commette per istruire il figlio al fine di perfezionarne l’apprendimento. Secondo suo padre, Daniel «deve» imparare ad ascoltare il silenzio.
La trama potrebbe sintetizzarsi nella dinamica «da nemici ad amici». Ma questo non renderebbe giustizia a un vero romanzo di formazione, dove i passi successivi dello sviluppo – individuazione, emancipazione e svincolo – si declinano attorno a due vite raccontate insieme. Nel tempo, i due amici si confrontano su temi diversi e sempre più complessi – prima dalla letteratura alla matematica e poi dal Talmud alla psicoanalisi –, e tutto questo a partire dalla relazione con il proprio padre e dalla fiducia profonda di ciascuno in lui. Ma mentre i padri, a distanza, litigano sul sionismo e sull’allora impensabile nascita di uno Stato laico di Israele, la fecondità della comunicazione dei figli permette ai due protagonisti di diventare sempre un po’ più sé stessi. Questo non è indolore, soprattutto perché essi coltivano le proprie aspirazioni a partire da una ricca vita interiore, che permette a entrambi di essere amici veri: diversi, complementari, uniti.
Allora Danny è veramente l’eletto, scelto, perché, enigmatico com’è, quasi affettivamente ritirato, ma tutt’altro che superficiale o banale, si procura l’amicizia di Reuven, la cura del padre di questi, e perfino l’amore di quel rabbino chassidico che pare portare sulle spalle il dolore del mondo, il rabbino Saunders, il padre di Danny. Questi ama suo figlio come può, ma lo ha conosciuto e compreso: anche il padre abita nella possibilità di imparare, ascoltando il silenzio del figlio.